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Attori

Ecco qui gli attori (o gli oppa*, anche se usare questa parola quando parlo/scrivo italiano mi fa un po’ rabbrividire) che sono riusciti a entrare nell’Olimpo dei miei preferiti, cosa che non è assolutamente semplice, ritagliandosi un’angolino del mio cuore!

Per saperne di più su ognuno di loro, cliccate sui loro nomi 😉

*Oppa [오빠] è una parola coreana usata dalle donne per riferirsi a uomini più grandi di loro, che significa letteralmente “fratello maggiore”, ma che è usata anche per indicare un uomo più grande per il quale si ha un interesse romantico.

Ji Chang Wook – 지 창 욱

Signore e signori, quest’uomo è quel che si dice “un nome, una garanzia”!
Per quanto sia difficile per me stabilire una classifica degli attori coreani che preferisco, credo proprio che il suo nome sia l’unico che mi salta subito in mente non appena penso ai candidati, senza alcuna esitazione. 
L’ho conosciuto per la prima volta con il drama che lo ha reso famoso sia in Corea che tra il pubblico internazionale: nientemeno che Healer, serie andata in onda tra il 2014 e il 2015, che ho analizzato in dettaglio nella mia tesi di laurea magistrale.

Considerato l’action hero per eccellenza, è soprattutto un attore capace di mostrare ogni sfumatura del carattere dei personaggi che interpreta, ogni loro variazione emotiva, le loro incertezze e la loro determinazione; un attore che sa far divertire e commuovere e che sa fare affezionare lo spettatore a sé e al suo personaggio, anche quando la storia con cui ha a che fare non è esattamente grandiosa. 
A bilanciare la sua fama di eroe d’azione c’è anche l’innegabile capacità di dar vita ad alcune delle più memorabili scene romantiche di tutta la K-Dramaland!
Sono state proprio queste sue abilità a far sì che diventassi una sua sostenitrice; finora non mi ha mai deluso, e anche guardare le clip dei “dietro le quinte” dei suoi lavori è qualcosa di coinvolgente che può rivelare qualcosa in più sulla sua personalità.
Anche off-screen, infatti, Ji Chang Wook si mostra sempre impeccabile, gentile, premuroso e umile, qualità questa che contraddistingue molte star coreane e che di certo ha contribuito a far esplodere la sua popolarità.
La sua disponibilità è una caratteristica molto conosciuta tra i fan, ai quali non nega mai un sorriso, un saluto e qualche autografo o fotografia.

Ciò che mi spiace, è che da dopo Healer nei suoi lavori non sia stato affiancato da attrici protagoniste che potessero davvero eguagliare la sua bravura, come l’attrice-cantante Yoona delle Girls Generations in The K2 (foto a sinistra), e in parte Nam Ji Hyun in Suspicious Partner); credo che questi drama sarebbero stati nettamente migliori con altre protagoniste femminili, ma è soltanto una mia personalissima opinione (no hate at all!). Nell’aprile del 2019, Ji Chang Wook ha fatto ritorno dal servizio di leva militare obbligatorio durato poco più di un anno e mezzo, e si è rimesso subito al lavoro, portando sullo schermo il produttore Ma Dong Chan nel drama intitolato Melting Me Softly, in onda da ottobre 2019. Nella serie lavora al fianco della giovane e interessante attrice Won Jin Ah, che ho adorato nella serie del 2017 Just Between Lovers e che dopo tanto tempo rappresenta finalmente (per me) una figura all’altezza di un attore come Ji Chang Wook.

Kim Jae Wook – 김 재 욱

Ho visto soltanto tre dei suoi lavori più recenti, ma vi assicuro che è stato sufficiente per cogliere appieno le sue potenzialità.
Ho fatto qualche ricerca sul suo conto perché sono rimasta particolarmente colpita dalla sua versatilità e scorrendo l’elenco dei lavori a cui ha preso parte non ho fatto altro che confermare la mia impressione.

La prima volta che ho visto Kim Jae Wook all’opera è stato nel (consigliatissimo) thriller Voice, in cui interpreta lo spietato serial killer Mo Tae Gu (foto a sinistra): un personaggio violento, psicopatico, malvagio, che questo attore ha interpretato in modo eccellente e credibile.
Non farò spoiler, ma ammetto che ricordo Voice più per le poche scene che riguardano lui piuttosto che i due protagonisti (anche loro bravissimi!).

L’ho apprezzato poi nei panni del co-protagonista maschile nella serie Temperature of Love, di per sé non certo imperdibile, ma ero curiosa di vederlo recitare in un ruolo molto diverso da quello precedente e non mi ha per nulla deluso. Lo si vede infatti nel ruolo di un uomo, vittima consapevole di un amore non corrisposto, che sarebbe disposto a fare di tutto per la protagonista ma che non riesce (ahimé) a conquistare il suo cuore.
Il suo progetto successivo, che l’ha consacrato definitivamente come un mietitore di cuori, è stato la commedia romantica Her Private Life del 2019 in cui ha ottenuto per la prima volta il ruolo del protagonista; una serie con molti punti deboli e pochi punti di forza, tra questi ultimi figurano proprio Kim Jae Wook (che interpreta un affascinante e famoso artista nonché direttore di una galleria d’arte) e l’attrice protagonista Park Min Young (una delle mie preferite!).

Questo attore è conosciuto anche e soprattutto per la sua propensione a sperimentare, a scegliere ruoli più “scomodi” e particolari soprattutto al cinema, cosa che conferma la sua versatilità e che esalta la sua bravura nell’interpretare davvero ogni tipo di personaggio.

Ji Sung – 지 숭

Gong Yoo – 공 유

Lee Junho – 이 준 호

Lee Jun Ki – 이 준 기

So Ji Sub – 소 지 섭

Yoo Yeon Seok – 유 연 석

Copyright © 2019-2019, “Korean Dramaland Italia” – Tutti i diritti riservati.​

It’s Okay To Not Be Okay (tvN, 2020) | Recensione

Una storia d’amore dai toni gotici, che scava nella psicologia di personaggi emotivamente feriti, condita con l’eccellente performance dei protagonisti, una bella sceneggiatura, una sapiente regia e una post-produzione degna di questo nome.

Korean Dramaland Italia

Dove trovarlo: Netflix Italia
Episodi: 16
Emittente: tvN

Questa recensione contiene spoiler.

Indice

  1. Il drama
  2. I personaggi principali: Ko Mun Yeong | Moon Kang Tae | Moon Sang Tae
  3. I personaggi secondari: Nam Ju Ri | Lee Sang In | Yoo Seung Jae | Jae Su
  4. La relazione dei protagonisti
  5. La produzione
  6. I lati negativi
  7. Considerazioni finali

1. Il drama

Una scrittrice di racconti per bambini particolarmente dark, Ko Mun Yeong, e un badante che lavora negli ospedali psichiatrici, con un fratello autistico a carico. Il mondo dei drama coreani non fa che ricordarci che niente è come sembra, e anche per questi tre personaggi è così. Come si capisce dal titolo (quello originale sarebbe letteralmente Psycho, but it’s okay – 사이코지만 괜찮아 Saikojiman Gwaenchana), si tratta di un drama che si destreggia attraverso i traumi psichici ed emotivi dei personaggi e ne segue l’evoluzione e il percorso verso una pace interiore che forse non sarà completa, ma rappresenta per tutti loro un nuovo inizio.
Un perfetto healing drama, un drama che guarisce gli animi e ci regala emozioni lungo tutto il suo corso.

Iniziamo con il dire che questo drama non è tanto plot-driven (guidato dagli eventi) quanto è invece character-driven (guidato dai personaggi), e questo lo rende automaticamente molto più complesso da scrivere e, forse, anche da ricevere da parte del pubblico. Sono storie in cui è l’interiorità dei personaggi a farla da padrone, il loro sviluppo, i traumi personali contro cui lottano, più che il mondo circostante.
In più, It’s Okay To Not Be Okay (che da ora in poi potrete trovare abbreviato come IOTNBO) affronta la tematica delle malattie mentali, che purtroppo in Corea sono ancora una sorta di tabù e di cui si parla ancora poco e mai in modo approfondito.

Il drama rientra tra quelli tratti da webtoon coreane (sorpresa!). Questa cosa è però stata svelata solo alla fine della messa in onda, per evitare che il pubblico, anziché guardare il drama, si riversasse sulla webtoon, influendo negativamente sull’andamento degli ascolti.

Resta comunque il fatto che quando si parla di adattare un’opera che viene trasferita da un medium a un altro (in questo caso da un fumetto a una serie tv), c’è bisogno di qualcuno che sappia il fatto suo e che non perda l’essenza del racconto, ma soprattutto che riesca a adattare dialoghi, situazioni, a rielaborare magari parti di trama, in modo che aderiscano perfettamente al medium televisivo, ai tempi e al numero di episodi da cui la serie è composta, e che riescano a catturare gli spettatori.
Credo che la sceneggiatrice Jo Yeong abbia fatto un ottimo lavoro in tal proposito con i personaggi principali e con la trama in generale, ma con i secondari ho riscontrato delle mancanze che non me li hanno fatti piacere. Preciso che non ho letto la webtoon e che quindi il mio giudizio è unicamente basato su quel che ho potuto vedere nella serie.
Non è semplice scrivere un drama di questo genere, anche quando si tratta di un adattamento; parla di tematiche spinose e riesce a farlo in un modo non pesante, ma nemmeno caricaturale, senza far perdere di vista la serietà della questione. Quindi, è giusto dare merito sia all’autore della webtoon da cui la storia si è generata, che alla sceneggiatrice che è riuscita a portarla sul piccolo schermo, prima ancora di parlare di tutto il resto.

In particolare, trovo molto interessante l’utilizzo che viene fatto delle fiabe più famose, e non solo fiabe, dato che troviamo anche Romeo e Giulietta di Shakespeare. Non sono soltanto un elemento caratterizzante il personaggio di Mun Yeong, la scrittrice di storie per bambini; le fiabe permeano tutto il tessuto che si intreccia e va a costituire la trama di IOTNBO, attraverso di esse impariamo a conoscere i personaggi, sono emblematiche di certi eventi che accadono nel corso del drama, ricorrono nei dialoghi, e quelle di Mun Yeong, come vedremo, sono plasmate direttamente dalla sua visione del mondo.

2. I personaggi principali

Ko Mun Yeong (interpretata da Seo Ye Ji)

La famosa scrittrice Ko Mun Yeong ostenta una corazza fatta di egoismo, arroganza, spavalderia, menefreghismo, sicurezza di sé, testardaggine e caratteristiche similari. È sfacciata, non ha peli sulla lingua e sembra che le piacciano le cose belle, a prescindere che siano oggetti o persone. Se vuole qualcosa, se lo prende, e il suo editore le sta costantemente addosso per riparare alle controversie che la sua personalità asociale e senza tanti filtri la porta a creare.
Ma c’è di più in lei; le sue storie, che vengono giudicate inadatte per i bambini perché sono troppo dark, crude, non certo favole alla Cenerentola, nascondono messaggi che vengono direttamente dalle esperienze personali dell’autrice. Il suo passato, infatti, non è per nulla rose e fiori; vediamo da subito frammenti di esso in cui il padre cerca di ucciderla, e una figura materna che non si riesce mai a vedere alla luce del sole la tormenta senza sosta. Capiamo che questo l’ha segnata profondamente: le storie della scrittrice rappresentano un po’ i suoi fantasmi interiori, le sue paure e il suo modo di vedere il mondo, forgiato dalle esperienze che ha vissuto.
L’attrice Seo Ye Ji è perfetta in questo ruolo, con il suo sorriso fanciullesco e incredibilmente dolce che non è soltanto della bocca ma del suo intero viso; già questa caratteristica dell’attrice si contrappone al lato del personaggio che sta in superficie, alla maschera di cinismo e insensibilità che indossa, poi la sua recitazione pensa a far emergere tutto il resto. Adoro la sua voce profonda, insolita per le attrici coreane, e adoro come ha interpretato le diverse sfumature di Mun Yeong, a mio parere in modo impeccabile.

Moon Kang Tae (interpretato da Kim Soo Hyun)

Il protagonista maschile è invece Moon Kang Tae, un ragazzo rimasto orfano e con un fratello maggiore affetto da autismo, Sang Tae, del quale si prende cura in tutto e per tutto, con amore e pazienza. Ma, pur essendo l’opposto della sua controparte femminile, perché al contrario di lei fa un lavoro che lo porta ad aiutare gli altri e a empatizzare con loro, anziché a pensare solo a sé, anche lui nasconde un passato difficile. Ferite che il tempo non ha rimarginato, e che lui non ha mai saputo curare; si è chiuso in se stesso e nel lavoro, nascondendosi dietro al senso di responsabilità e protezione verso il fratello maggiore.
Kang Tae ci si presenta come una sorta di nomade apatico, costretto a occuparsi del fratello fino a trascurare completamente se stesso e i suoi bisogni, a trasferirsi di casa in casa ogni volta in cui Sang Tae è terrorizzato da delle farfalle che lo inseguono nella sua testa. La ragione per il comportamento di Kang Tae e il significato delle farfalle, una costante in questa storia, emergono più avanti nel drama, e ne parleremo nei paragrafi successivi.

La cosa che molti non si aspettavano e che ha lasciato un po’ di amarezza tra una certa fetta di pubblico, essendo questo il primo drama completo di Kim Soo Hyun da quando ha finito il servizio militare, è che qui il protagonista effettivo non è l’uomo, almeno all’inizio; la protagonista indiscussa, soprattutto nella prima parte del drama, è Ko Mun Yeong, con i suoi eccessi e le sue debolezze, ma Moon Kang Tae arriva subito dopo di lei, in quanto, oltre ad avere la sua personale storia, rappresenta la salvezza della protagonista, il perno di sicurezza che impedisce alla bomba Ko Mun Yeong di esplodere e causare danni.
Ma, meglio ancora, i due sono la salvezza l’uno dell’altra; entrambi hanno qualcosa da imparare, entrambi hanno qualcosa da insegnare.

Moon Sang Tae (interpretato da Oh Jung Se)

E, a dire il vero, c’è un terzo protagonista che emerge più chiaramente con il procedere degli episodi: è proprio Sang Tae, interpretato da Oh Jung Se, fresco di premiazione ai prestigiosi Baeksang Arts Awards 2020 (Miglior Attore Non Protagonista).

Sono rimasta colpita dal modo in cui ha portato sullo schermo un uomo affetto da autismo che all’inizio il pubblico percepisce come un ostacolo per Kang Tae, ma che poi finalmente si prende il suo posto e fa capire quanto anche lui abbia da dare a suo fratello e non solo, quanto sia ricco di genuinità, di gentilezza, di altruismo e di amore. Sono tanti i momenti che mi hanno fatta emozionare, e molti coinvolgono proprio questo personaggio, magistralmente interpretato. Il mio applauso più forte infatti, tra tutti gli attori, va probabilmente a Oh Jung Se!

3. I personaggi secondari

Nam Ju Ri (interpretata da Park Kyu Young)

Lee Sang In (interpretato da Kim Joo Hun)

Yoo Seung Jae (interpretata da Park Jin Joo)

Jae Soo (interpretato da Kang Ki Doong)

Quando parlavo dell’ottimo lavoro con i protagonisti e delle mancanze di alcuni dei secondari, mi riferivo al fatto che non ho gradito particolarmente i ruoli della tirocinante Yoo Seung Jae e dell’infermiera co-protagonista, Nam Ju Ri. Entrambe scialbe e irritanti, non realmente utili alla narrazione, che avrebbe potuto svolgersi anche senza di loro. Insomma, dei riempitivi per aggiungere un triangolo amoroso alla storia principale e qualche gag, ma niente di realmente utile o interessante.
Non ho apprezzato le performance di nessuna delle due attrici, forse se questi due personaggi fossero stati interpretati da qualcun altro sarebbero risultati pur sempre piatti, perché a onor del vero è un po’ così che sono stati scritti, ma magari meno irritanti e con qualcosa da salvare. Avete presente la famosa “cutesy”? Ecco, è il caso di dire che il troppo stroppia. La tirocinante, poveretta, sembra soltanto che non capisca nulla e non faccia nemmeno nulla di speciale; non la salva nemmeno lo sprint di astuzia finale con cui inganna il suo datore di lavoro, Lee Sang In, né il suo avvicinarsi a Sang Tae. Mi dispiace, per me è NO.
Nam Ju Ri avrebbe dovuto aggiungere un po’ di pepe alla relazione tra i due protagonisti, ma non lo fa anche a causa dell’atteggiamento indifferente di Kang Tae nei confronti dell’amore. è chiaro da subito che a lui non piace lei se non come amica, non ci sono sorprese. In più, quando comincia a sviluppare interesse per Lee Sang In, è una nave che non salpa (o che non vediamo salpare) e non comporta grandi cose per la linea narrativa principale, quindi è una storyline abbastanza frivola e, secondo me, inutile.

Anche l’editore/agente di Mun Yeong, Lee Sang In per l’appunto, non spicca né come personaggio né per l’interpretazione dell’attore, tranne rarissimi momenti; ma c’è da dire che occasionalmente emerge il suo lato più umano e che dimostra di conoscere almeno un po’ Mun Yeong e di non essere soltanto un mero parassita che vive dei suoi successi al cento per cento (lo è solo al novananove, LOL).

E poi c’è Jae Soo, che non riesco a non leggerlo come “Gesù”, altro personaggio la cui utilità è limitata all’occuparsi di Sang Tae e a seguire per qualche ragione in giro per le città i due fratelli, da bravo migliore amico di Kang Tae, e al dire a Mun Yeong qualcosa in più su quest’ultimo.
Non fraintendetemi, Jae Su è simpatico e dà il suo prezioso supporto all’amico di sempre, dicendo tra l’altro verso il finale una cosa che riassume il senso del drama e ne palesa il messaggio. Ma… non mi ha colpita, non c’è stata una reale bromance tra lui e il suo migliore amico, perché questo ruolo lo ha avuto il rapporto tra i due fratelli. Diciamo che anche il suo personaggio è piuttosto superfluo e non è un granché.

4. La relazione tra i protagonisti

La relazione tra Kang Tae e Mun Yeong è sicuramente particolare, sappiamo da subito che devono essersi conosciuti da bambini e che lei non gli ha nascosto la sua personalità buia e tendente al sadismo, cosa che lo ha fatto correre via a gambe levate.

Ma, nel momento in cui si svolge la storia, Mun Yeong sembra attratta da lui più per la sua bellezza che per altro (ricordate la questione delle cose belle?) e quella diventa la motivazione principale per cui decide che lo vuole accanto, in quanto riconosce in lui il perno di sicurezza che impedisce alla sua personalità di esplodere. Lo segue ovunque, lo vuole e non fa niente per fingere che non sia così, e soprattutto non agisce fingendo di essere chi non è, rimanendo genuinamente sorpresa del fatto che lui non ne voglia sapere nulla di una persona come lei. Diverse sue battute, inoltre, ci fanno capire che lei è consapevole di chi sia la persona che si trova di fronte e che c’è una storia più complessa dietro.

Ma Kang Tae la ritiene una folle, non però come le persone che segue per lavoro; la ritiene una persona cinica e praticamente cattiva da cui è meglio tenersi alla larga, perché queste cose non possono essere curate. Le dice esplicitamente che lei è come un guscio vuoto, non conosce sentimenti ed è mossa solo dall’estetica e dal possesso. Ma in qualche modo, complice l’insistenza della donna e il fatto che Kang Tae inizia a capire che ci deve essere un trauma passato che l’ha resa così, anche lui, per quanto non lo dimostri più di tanto, trova in lei qualcosa che lo attira e lo porta a preoccuparsi per lei.
A questo aggiungiamo il fatto che questi due personaggi si conoscono fin da bambini, e il legame, nonché i problemi, tra i due sono più radicati di quanto possano sembrare.

È interessante capire come si sviluppa la storia d’amore tra questi due personaggi, ognuno con ferite difficili da elaborare, ognuno a modo suo fragile e incompreso. Mun Yeong ha i tratti caratteristici di chi soffre del disturbo antisociale di personalità, spesso la sua moralità rimane chiusa fuori dalla finestra e lei dice e fa cose del tutto sbagliate, come usare Sang Tae come esca per ribadire a Kang Tae che non può scappare da lei. È crudele, ma non lo capisce; è come se per raggiungere un obiettivo fosse disposta a fare di tutto. Quante volte nel drama ha minacciato di uccidere il protagonista che cercava di andarsene?

Mun Yeong arriva al punto di far firmare un contratto da illustratore a Sang Tae, sapendo bene di essere il suo idolo e con l’obiettivo di tenere in pungo Kang Tae; la scena in cui Kang Tae strappa il contratto e viene picchiato proprio dal fratello maggore, che continua a ripetere di appartenere solo a sé stesso, con Kang Tae che ovviamente non reagisce e ha gli occhi pieni di lacrime, mi ha fatto venire i brividi. Ribadisco il mio amore per Sang Tae e l’attore che lo ha interpretato!
Così come mi hanno toccato i momenti in cui Ko Mun Yeong è più debole, cioè nel sonno; sua madre le appare in ogni incubo e lei non può far altro che piangere e gridare senza che il suo corpo riesca a muoversi, preda delle emozioni e della paura.

Tuttavia, il comportamento moralmente scorretto di Mun Yeong che si intromette nella relazione tra i due fratelli ha anche uno scopo preciso: far capire a Kang Tae che occuparsi di suo fratello e amarlo non è qualcosa che gli deve impedire di fare scelte che riguardino sé stesso, non è qualcosa che deve vivere come una catena, ma come un amore fraterno, un esserci sempre per Sang Tae che non preclude il vivere una vita propria, stando alle proprie regole e seguendo le proprie inclinazioni.

Le farfalle, di cui vediamo richiami costanti dall’inizio alla fine della serie, hanno un doppio significato (o triplo). Il fatto che Sang Tae ne sia spaventato e che Mun Yeong ne spezzi le ali è collegato alla figura della madre di Mun Yeong, una donna spaventosa, nonché, come si apprenderà verso la fine, assassina della mamma dei due fratelli.

È bello che Kang Tae, quando fa questa scoperta, inizialmente sembri arrabbiato con Mun Yeong, ma poi confidandosi con il direttore dell’ospedale sostenga di non volere che Mun Yeong soffra nello stesso modo, preferirebbe che rimanesse una lattina vuota e senza emozioni per non provare il dolore lancinante che sente lui in quel preciso momento.

Ho apprezzato davvero tanto il fatto che la battuta della lattina vuota ricorra nel drama e non sia stata messa lì a caso, solo per cercare di descrivere la Mun Yeong dell’inizio della serie; così come è bello che la tecnica della farfalla che Kang Tae insegna alla protagonista per calmarsi venga ripetuta ogni qual volta Mun Yeong è in crisi, come succede proprio quando capisce che la farfalla che ha spaventato Sang Tae per tutti quegli anni altri non era che sua madre.

Dall’11^ episodio Kang Tae inizia a lavorare sul suo rapporto col fratello, che anche se all’inizio oppone resistenza, poi fa dei gesti dolcissimi e commoventi, arrivando ad accettare anche Mun Yeong come parte della famiglia. Infatti, Kang Tae inizia a fare uno sforzo per uscire dalla sua comfort zone e cercare di bilanciare le due cose, il fratello e la donna che ama; d’altro canto, Sang Tae comincia a fare lo stesso e a capire che suo fratello minore non appartiene a nessuno se non a se stesso.

E poi, il primo bacio della coppia protagonista.
Paliamone.
Quando stai per perdere il controllo, conta fino a tre.

Ed ecco che arriva il tanto agognato bacio, ed è un tripudio di OMG (oh my god), perché non avevo atteso così tanto un bacio della coppia protagonista dai tempi di Itaewon Class… oddio, in realtà da prima, da Crash Landing On You.
E questi due individui, gli attori Kim Soo Hyun e Seo Ye Ji, ce ne hanno regalato uno bellissimo, delicato, che fa sognare. Si sentono soltanto i loro respiri fino a un secondo prima che le loro labbra si tocchino, ed è qualcosa che permette allo spettatore di avvertire ancora di più la trepidazione di entrambi. Si vede l’agitazione di Mun Yeong subito dopo, i suoi occhi che saettano sul viso di lui.

Senza parlare del secondo e ultimo bacio, con il divertente siparietto del cervo. Lasciatemelo dire, probabilmente a loro va il premio di miglior bacio del 2020 in un K-Drama (per ora!)
Ho già detto che adoro questi due attori?
Sono fantastici anche nelle gag più comiche, tanto quanto lo sono nei momenti di maggiore tensione emotiva.

Nel 13^ episodio ci viene lanciato addosso un plot twist che onestamente non mi ero aspettata, anche se effettivamente c’era qualcosa di ambiguo nell’infermiera capo, Park Haeng Ja; certe sue reazioni nel corso del drama, il fatto che rivolgesse alcune risposte pungenti a Mun Yeong, e poi che gradualmente le scene che la includevano fossero diventate sempre meno allegre.

Questo personaggio è una donna psicopatica, e sul web si possono rintracciare diversi post scritti da chi ne sa qualcosa (non certo io, che mi limito a riportare quanto scritto da psicologi e chi è competente nel campo); credo che sia illuminante leggere questi brevi contributi anche solo per capire la cura che è stata messa nel confezionare questo drama e i suoi personaggi, per accorgersi di come piccoli gesti e piccole sfumature vadano a ricreare il quadro di una personalità alterata, disturbata, che agli occhi di tutti è sembrata perfettamente normale.
Una nota di merito va anche all’interprete di Park Haeng Ja, Jang Young Nam, davvero brava nel mostrare l’instabilità mentale del suo personaggio.

Dopo aver appreso che sua madre è l’assassina della madre di Kang Tae e Sang Tae, Mun Yeong soffre moltissimo, è distrutta, e Kang Tae non smette di starle accanto nonostante la situazione delicata. E qui vorrei dire: grazie, sceneggiatrice, che non li hai fatti allontanare inutilmente, che hai dotato Kang Tae di un po’ di umanità, che non hai usato un incidente di cui nessuno dei due ha colpa per dividerli. Per lui Mun Yeong è Mun Yeong, non la figlia di un’assassina, è qualcuno che non ha colpe, è lei stessa vittima della crudeltà della madre.
Si tratta per tutti di una sofferenza catartica, che li aiuterà ad affrontare lo scontro finale, quello che li libererà dal demone che li ha perseguitati come un’ombra per tutti quegli anni e che non ha permesso a nessuno dei tre di vivere con spensieratezza fino ad allora.

Nota: continuo a pensare che i momenti più toccanti del drama siano quelli che coinvolgono anche Sang Tae, e quelli che mostrano il lato più dolce, più commovente del rapporto con suo fratello e che fanno capire quanto anche Sang Tae abbia da dare a coloro a cui vuole bene.

Alla fine della serie, finalmente, Jae Soo dice a Kang Tae una sacrosanta verità: è fragile, così come lo è Mun Yeong, e sono sempre le persone più deboli a mettere su una maschera di finta forza e a fingere di potercela fare da soli, quando in realtà hanno estremo bisogno di contare su qualcuno… e che qualcuno conti su di loro.
Kang Tae, e non solo lui, deve accettare le sue debolezze e capire come affrontarle.
Forse è il contributo più utile dato da Jae Soo alla narrazione: fare aprire gli occhi al suo amico di sempre.

5. La produzione

Il drama è confezionato davvero molto bene, la regia, l’editing, le transizioni tra le scene (fantastiche!) tutto concorre a fare di questo drama un ottimo prodotto, sicuramente uno dei migliori usciti ultimamente (quello che non è successo con The King: Eternal Monarch, di cui potete trovare la recensione qui).

La scena in cui (ep. 12) Sang Tae aiuta uno dei pazienti della clinica a calmarsi mentre si trova in autobus mi ha fatto venire i brividi anche per come è stata editata e assemblata, con la sovrapposizione dello spazio angusto del bus e delle zone di guerra, con le allucinazioni uditive che l’anziano uomo continua ad avere, fino a tornare alla realtà del racconto.
Anche certe chicche di fine episodio, come la rappresentazione a mo’ di cinema muto della storia di Barbablu, meritano una menzione speciale.

In generale, a parte errori di raccordo tra le inquadrature, che ci sono in ogni prodotto audiovisivo (esempio, un personaggio con le braccia incrociate nell’inquadratura seguente le ha dietro la schiena, senza che ci sia stato un movimento che abbia fatto capire che avrebbe cambiato posizione), do un 10 agli aspetti tecnici e realizzativi della serie.

E anche i costumi hanno dei significati precisi, come ha rivelato la costumista stessa. Gli abiti colorati di Mun Yeong sono una delle sue armi di difesa, sono delle allegre decorazioni di un sé che è in realtà “infinitamente debole”, e la stilista ha scelto un tipo di abiti che tendono più al gotico e che si sposano quindi bene sia con l’atmosfera generale del drama che con le storie scritte da Mun Yeong.
Anche i vestiti di Kang Tae sono indice della sua personalità: semplici, scarni, privi di brio. Rispecchiano il modo in cui ha vissuto il ragazzo, dedicandosi completamente a suo fratello maggiore anziché a se stesso, vivendo un’esistenza apatica in cui i suoi sogni si sono sbiaditi.

La colonna sonora non la definirei memorabile, ma non significa che non sia adatta al drama e alla sua atmosfera, a metà tra la realtà e l’onirico o una fiaba un po’ oscura. Tuttavia, sotto questo aspetto si sarebbe potuto fare molto meglio, ampliando il range di tracce che avrebbero fatto da cornice ad una storia ben narrata. A parte questo, credo quindi che le poche canzoni della OST siano comunque adatta alle atmosfere della serie, anche se non posso dire che mi siano rimasta in testa.

6. I lati negativi

Per quanto questo drama abbia molti più lati positivi che negativi, è giusto parlare anche di ciò che avrebbe potuto funzionare meglio.

Inizialmente, per il modo in cui certi casi clinici dei personaggi secondari sono stati trattati, passava il messaggio che con un po’ d’amore si risolve tutto, così come dando sfogo alle proprie necessità. È chiaro che sia un’idea romantica delle cose, e che quando si parla di malattie mentali non basta l’amore per curarle, anche se di certo è fondamentale avere il supporto di persone che ci vogliono bene per affrontare le nostre debolezze.

Tuttavia, questo aspetto che semplifica un po’ troppo il processo di guarigione soprattutto di Mun Yeong emerge proprio in modo massiccio nella sua relazione con Kang Tae. Da quando lo incontra, gradualmente, lei cambia in un modo che esula un po’ dal un arco narrativo credibile al cento per cento. Tutta la rabbia repressa dell’inizio, gli scatti d’ira, i suoi comportamenti da persona che soffre di un disturbo antisociale di personalità conclamato, risultano molto sfumati in diversi momenti della serie. Non al punto da essere cancellati del tutto, perché in tutta onestà ci sono degli sprazzi della Mun Yeong degli inizi, del suo carattere deciso e senza filtri. Il fatto è che, per quanto questo drama faccia un buon lavoro nel presentare e trattare le malattie mentali rispetto ad altri drama, Mun Yeong non non riceve nemmeno un aiuto professionale per cercare di guarire davvero dal suo disturbo, e allora viene da chiedersi: è davvero così semplice uscire dal tunnel di una malattia mentale?
La risposta, naturalmente, è no.

Alla fine, per due menti fragili come quelle dei due protagonisti, sapere che la madre di una ha ucciso quella dell’altro è qualcosa che rimarrà sempre lì, latente, anche se i due personaggi faranno finta di niente e faranno vincere i propri sentimenti l’uno per l’altra.
Nella realtà, difficilmente le cose potrebbero risolversi con la stessa facilità.
Sono la prima a dire che quando ci si siede comodamente davanti a uno schermo si accettano delle convenzioni proprie delle storie di finzione; si accettano anche sviluppi poco verosimili di una storia, se tutto il resto che gli fa da contorno è parte di una narrazione coerente e se ha senso all’interno di quella cornice.
Ma è comunque giusto evidenziare anche i lati negativi di un bel drama, che avrebbero potuto essere risolti in modo diverso, donandogli un po’ di credibilità in più.

Esempio, per chi ha visto Healer: il protagonista scopre che forse suo padre ha ucciso il padre della donna che ama. Va in crisi, non sa come fare a dirlo a lei, né ha idea di come farebbe a sopportare un tale peso, qualora si rivelasse tutto vero, perché probabilmente non ci riuscirebbe. E anche lei, una volta saputo tutto ciò, mostra di barcollare un po’ nonostante l’amore per il ragazzo, e gli intima di fare di tutto per trovare le prove necessarie a dimostrare che non è successo davvero, cosicché possano continuare con le proprie vite.
Per fortuna, nel corso della storia si viene a sapere che le cose sono andate diversamente, e il peso che una simile situazione avrebbe gettato addosso ai protagonisti si dissolve come fumo.

Qui no; la madre di Mun Yeong ha davvero ucciso quella dei due fratelli, e in più attenta anche alla vita di questi ultimi sul finale della serie, in cui Sang Tae ottiene il suo riscatto simbolico sulla donna.
Davvero due persone già emotivamente e psicologicamente provate come i due protagonisti riuscirebbero a sopportare di trascinarsi dietro qualcosa di tanto atroce, da cui peraltro si sono originati proprio i maggiori problemi di Kang Tae e Sang Tae?
Non è colpa loro, è vero, e Kang Tae dimostra di amare Mun Yeong per quello che realmente è (una cosa meravigliosa), ma questo sviluppo un po’ troppo all’acqua di rose non mi convince, anche se è bello credere che possa essere così. Forse, un lieto fine fin troppo lieto per questi personaggi, ma pur sempre accettabile e consono al drama e al messaggio che vuole far passare; trasmette un senso di speranza allo spettatore, una positività che ribalta il clima dark e decisamente meno allegro dell’inizio della serie.

7. Considerazioni finali

It’s Okay To Not Be Okay è un cerchio che si chiude, sia sul piano narrativo che riguarda prettamente i personaggi e la loro evoluzione, sia su quello visivo, che gioca anch’esso con lo spettatore. Vediamo, infatti, che fin dall’inizio la narrazione è rappresentata visivamente come fosse un cartoon 3D, con i due personaggi-bambole che sono i carinissimi protagonisti. Ma è soltanto alla fine che capiamo chi è l’autore di queste simpatiche figure, e altri non è che Sang Tae, il quale è diventato oramai un illustratore a tutti gli effetti e ha dato vita agli alter ego su carta scritti da Mun Yeong.

Ci sono poi delle scene che vengono riprese e ribaltate sul finale della serie, tra cui quella simpaticissima che vede Mun Yeong gridare a Kang Tae che lo ama per non farlo allontanare; alla fine, è Kang Tae a urlarle che la ama per cercare di ottenere la stessa reazione (invano).

E poi, tornano tutti; i personaggi che abbiamo visto “di sfuggita” non si sono persi nel nulla, tornano a supportare Mun Yeong e i due fratelli durante la presentazione del nuovo libro, che non a caso avviene proprio all’interno dell’ospedale psichiatrico.

Decisamente toccante il momento in cui Sang Tae riconosce definitivamente che il fratello appartiene solamente a se stesso e afferma con determinazione di voler fare l’illustratore professionista, spiegando le sue ali e staccandosi così, almeno in parte, dal fratello minore.

Tutti hanno imparato qualcosa, tutti hanno avuto un percorso di crescita, di maturazione e anche di guarigione che li ha portati a un nuovo inizio, una serenità ritrovata da cui poter ripartire daccapo e riprendere in mano le proprie vite.

In sostanza, It’s Okay To Not Be Okay è una storia dai toni gotici, che scava nella psicologia di personaggi emotivamente feriti, condita con l’eccellente performance dei protagonisti, una bella sceneggiatura, una sapiente regia e una post-produzione degna di questo nome.
Siamo sicuramente di fronte a uno dei drama migliori della prima metà del 2020, nonostante gli ascolti (comunque buoni) non gli abbiano reso la giustizia che merita. Ha ugualmente conquistato il primo posto tra i drama di cui si è parlato di più nel periodo in cui è andato in onda, e ha di certo catturato i cuori del pubblico internazionale.

Che dire, se avete letto fin qui e non lo avete ancora guardato… affrettatevi a farlo! 🙂

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Dinner Mate (MBC, 2020): mini-recensione

Una commedia romantica semplice, la ricetta adatta a chi vuole godersi
un drama carino e poco impegnativo, senza grandi colpi di scena
o una trama particolarmente complessa.

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Dove vederlo
Sui siti di streaming con sottotitoli in inglese (non è né su Viki né su Netflix)
Non ho notizie di fansub italiani che lo abbiano preso in carico! Se le avete, contattatemi 🙂

TRAMA

Uno psichiatra il cui metodo terapeutico preferito è cenare con i suoi pazienti, a volte preparando il pasto lui stesso. Una produttrice di webshow di seconda categoria che deve riuscire a creare uno show di successo. Senza conoscere le rispettive identità, si incontrano per caso in momenti complicati delle proprie vite e decidono di diventare dinner mates, compagni di cene, ma con delle regole. Non ci si può innamorare l’uno dell’altra, non si deve fingere di essere contenti di mangiare insieme se non lo si è davvero, non si condividono informazioni personali (nome, professione ecc…). Entrambi sono rimasti feriti dai loro primi amori, che tornano all’attacco per riconquistarli con insistenza. Non vogliono più avere a che fare con loro, e pian piano capiscono che possono credere ancora nell’amore, nonostante la paura di essere feriti di nuovo. La regola principale dei due dinner mates viene quindi infranta e i fraintendimenti vengono al pettine…

SEMPLICE E MOLTO CARINO

Mi accorgo mentre scrivo che non ho poi così tanto da dire su questa serie, se non che appartiene a quella categoria di K-Drama che scaldano il cuore (i cosiddetti feel good dramas), che puoi guardare per il semplice gusto di farlo e di allontanarti per un po’ dai problemi della vita quotidiana. Non è troppo lungo, non è complesso, non mette la famosa “troppa carne al fuoco”, risolve tutte le linee narrative entrate in gioco durante gli episodi che lo compongono (16). 
Carino, simpatico, romantico, ben recitato. Ha tutti gli ingredienti necessari per farsi adorare e per coccolare lo spettatore, ed è proprio quello che fa, nonostante tocchi tematiche tutt’altro che leggere (i disturbi mentali, lo stalking).
È vero che nella seconda metà della serie viene a mancare quel lato un po’ comico e spensierato dell’inizio, con un focus maggiore su alcuni elementi drammatici e tristi; non manca infatti il cliché di qualcuno che muore e di qualcun altro che finisce in ospedale, né un paio di tira e molla “un po’ così” a cui però gli spettatori di drama sono già più che abituati.
Mi è piaciuto che il titolo originale, jeonyeok gatchi deusillaeyo? (저녁 같이 드실래요? – letteralmente “ceniamo insieme/vuoi cenare con me?”) sia ricorso quasi incessantemente come battuta durante la serie, detta a turno un po’ da tutti i personaggi, quasi come a sottolineare quale sia il filo conduttore della storia, ciò da cui tutto ha avuto inizio e ciò con cui tutto finisce.

*SPOILER*
Il protagonista, infatti, nell’ultimo episodio chiede alla protagonista di sposarlo portandola a mangiare in riva al mare, ma non in un ristorante di lusso… bensì prendendo del riso con pollo da un chiosco ambulante, proprio come era successo all’inizio del drama, quando ancora non si conoscevano. Insomma, un cerchio che si chiude a tutti gli effetti.

L’attore protagonista Song Seung Heon, che interpreta lo psichiatra Kim Hae Kyung, ha un’eleganza incredibile e una “faccia da schiaffi” dolcissima, l’ho amato tantissimo in questa serie e non lo avevo mai visto all’opera, anche se lo conoscevo già. Mi è sembrato da subito simpatico e adatto al suo ruolo, l’ha reso certamente affascinante, divertente e non si è fatto certo mancare momenti di lacrime che non mi hanno lasciata indifferente.

Seo Ji Hye, la nostra Dan di Crash Landing On You, qui interpreta il personaggio femminile principale, la produttrice Woo Do Hee, e anche lei mi è piaciuta, anche se devo essere sincera e devo quindi dire che non capisco che cosa non mi convinca al cento per cento di lei. Quando la vedo recitare non ho pensieri negativi, ma è più un “Mi piace, però…” e non è semplice da spiegare. Diciamo che non è tra le mie preferite, ma non è nemmeno troppo in fondo alla lista.
Simpaticissima tra l’altro la citazione che Dinner Mate fa di Crash Landing On You, e anche il fatto che all’inizio è presente con un cameo l’attore Kim Jung Hyun, che interpretava Gu Seung Joon, interesse romantico del personaggio di Seo Ji Hye, nel suddetto drama.

Li ho trovati adatti ai loro ruoli, divertenti da guardare e anche una coppia molto dolce. Ho seguito questo drama senza problemi, facendomi qualche risata e godendomi i momenti salienti della nascita e crescita della storia tra lo psichiatra e la produttrice , ostacolata dagli ex e dalle cicatrici emotive del passato dei due personaggi. Una storia senza troppi fronzoli. Ho apprezzato il fatto che nei momenti di tira e molla di cui parlavo, soprattutto il protagonista non si sia dato facilmente per vinto e abbia anzi cercato di comprendere le motivazioni che hanno portato la protagonista a prendere certe decisioni.
Siamo di fronte alla storia d’amore di due persone che sembrano stare bene, ma che in realtà hanno ancora qualcosa da risolvere dentro sé dopo rotture dolorose, e avere a che fare con i propri ex complica tutto, è vero, ma è anche la chiave per una sorta di catarsi, un ricominciare ad amare senza più essere in balia dei fantasmi del passato.

Nota positiva anche per il co-protagonista Lee Ji Hoon, che interpreta il primo amore della protagonista, Jung Jae Hyuk. È riuscito a risultare fastidioso proprio come richiesto dal suo personaggio, e ha fatto un buon lavoro nel mostrare il suo lato mentalmente debole e instabile. Verso gli ultimi 3 episodi la sua recitazione migliora ulteriormente, facendo emergere il lato più malato e se vogliamo anche incompreso del suo personaggio, convinto di amare la protagonista in modo sano quando invece non è così. Interessante il fatto che ci abbiano mostrato che è facile etichettare qualcuno come psicopatico, ma è più difficile cercare di capirlo e capire la sua sofferenza nell’accorgersi di avere qualcosa che non va, pur rimanendo convinto che non ci sia niente di davvero sbagliato in quello che sente e in come si comporta. Questo personaggio intraprende un percorso con colui che era stato già il suo psichiatra tempo prima, al quale aveva rovinato la vita, e riesce sul finale a mostrare di aver finalmente raggiunto un po’ di equilibrio.

Anche Na-eun, membro del gruppo K-Pop femminile A-Pink è stata brava nel suo ruolo della bella-e-s*****a ex fidanzata del protagonista; se il personaggio di Jung Jae Hyuk è fastidioso, lei lo è anche di più, e la sua interpretazione non ha fallito nel veicolare nello spettatore un senso di antipatia costante.
Al contrario di Jae Hyuk, però, lei è sana, ma è semplicemente convinta, egoista e una persona che non riesce a capire gli altri, credendo che tutto le sia dovuto. Anche lei mostra un cambiamento, decidendo infine di rinunciare a mettere i bastoni tra le ruote al suo ex, il protagonista.

Devo dire che l’elemento degli ex che ritornano e fanno di tutto per cercare di riprendersi i loro rispettivi primi amori è stato forse protratto troppo a lungo. Il rischio è stato di far odiare questi due personaggi a priori, di far perdere interesse in loro, ma è pur vero a bilanciare questa ossessione per i primi amori e a “giustificarla” è subentrata l’instabilità mentale del coprotagonista, menzionato prima.
Senza questa, forse, sarebbe stato molto più insopportabile seguire le loro vicende e sopportare quello che è sembrato a tutti gli effetti un egoismo portato agli estremi.

Ho adorato la coppia del senzatetto che dice di chiamarsi Keanu (in realtà psichiatra amico del protagonista, che aveva e che tornerà ad avere in cura Jae Hyuk), interpretato da Park Ho San, e del capo di Do Hee, ovvero l’eccentrica Ah Yeong (interpretata da Ye Ji Won). È bello che lei si sia innamorata di lui conoscendolo appunto come senzatetto, ben prima di sapere chi fosse davvero e che lui riuscisse a tornare a condurre una vita normale. Ed è bello anche che lui metta da parte sentimenti di odio e voglia di vendetta verso la persona che gli ha rovinato la vita, Jung Jae Hyuk, decidendo di far prevalere il suo essere psichiatra e aiutandolo a rimettersi in piedi dopo aver toccato il fondo; come afferma, aiutando lui a guarire, in realtà ha curato anche se stesso. Ed è solo dopo averlo fatto che può dedicarsi con il cuore libero e meno pesante ad Ah Yeong.

ULTIME CONSIDERAZIONI

In generale, in questo drama è tutto collegato e ogni nodo viene al pettine. I personaggi hanno tutti un lieto fine, chi più chi meno, e anche per questo è definibile come feel good drama, nonostante i momenti drammatici.

A livello di regia, scenografia e altri aspetti tecnici, non mi sento di elogiare niente in particolare, nel senso che è un drama ben confezionato, ma rimane nella media; la OST, cioè la colonna sonora, è abbastanza orecchiabile. Niente di eccezionale, direi.

Il cast e la produzione hanno dato vita a un prodotto che non sarà di certo memorabile, ma che è comunque godibile e si lascia guardare più che volentieri! Già da qualche tempo mi mancava un po’ un’atmosfera “semplice” che però non mi annoiasse, e posso dire che questo drama non mi ha annoiata affatto, è stato una visione piacevole, anche se come spesso accade il suo ritmo rallenta con l’avvicinarsi del finale.

E voi, cosa ne pensate? Lo avete visto? Se volete farmi sapere le vostre impressioni, contattatemi su Instagram (koreandramaland_italia) o sulla pagina Facebook (Korean Dramaland Italia).

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Riflessione su The King: Eternal Monarch

“Un K-Drama che aveva ogni presupposto per soddisfare le inevitabili aspettative createsi attorno ad esso, ma che non lo ha fatto. Puntava in alto, ma non è riuscito a decollare davvero.”

Premessa: questa riflessione/recensione sarà lunga.
Se siete tra coloro che non accettano che il proprio beniamino o un prodotto che gli è piaciuto possano venire criticati, vi consiglio di non leggerla.
Se invece siete persone aperte al dialogo e che sono disposte ad accettare l’esistenza di altri punti di vista, sarò felice di sentire le vostre opinioni, qualunque esse siano!

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Elementi fondamentali che vanno a comporre questa serie:

  • Un budget di 25 milioni di dollari.
  • Kim Eun Sook. Una delle sceneggiatrici più conosciute di tutta la Corea, che ha sfornato hit di successo una dopo l’altra (e questo è un dato di fatto che come tante cose prescinde dal gusto personale di ognuno di noi, a cui possono essere piaciute o meno.)
  • Lee Min Ho, colui che è conosciuto come il re dei drama e che ha già lavorato in passato con la sceneggiatrice.
  • Kim Go Eun, attrice molto acclamata il cui ultimo drama è stato la mega hit Goblin, un fantasy della stessa sceneggiatrice che quando è uscito si è distinto dal resto delle produzioni per tanti motivi.
  • Woo Do Hwan, un giovane e promettente attore che ha saputo farsi amare dal pubblico.
  • La tematica dei due mondi paralleli, dei viaggi nel tempo e dei sosia, niente di nuovo all’orizzonte, ma comunque interessante perché può essere declinata in tanti modi diversi.
  • L’hype creatosi attorno al drama: ne sentiamo parlare da più di un anno; un po’ perché è il ritorno della sceneggiatrice dopo il bellissimo, ben scritto, ben recitato e ben prodotto Mr. Sunshine, un po’ perché è il primo grande progetto di Lee Min Ho dopo la leva obbligatoria, un po’ perché c’è Kim Go Eun che ha spopolato soprattutto dopo il successo di Goblin.

Ora, è piuttosto intuibile che non avere nemmeno un minimo di aspettative se si è a conoscenza di tutte queste cose è praticamente impossibile, essendo questo il drama più atteso del primo semestre del 2020.

E c’è un problema che va considerato in partenza, forse quello principale che ha impedito alla serie di sfondare sul serio: sembra proprio che fin dalla promozione, The King: Eternal Monarch abbia voluto fare di tutto per imporsi nell’immaginario degli spettatori come la prossima grande hit, tanto che, a differenza della maggior parte dei drama coreani, le riprese sono iniziate con largo anticipo. Questa esigenza di anticipare la produzione indica una certa volontà/necessità di prestare più attenzione a tutto il processo produttivo, rispetto a quanto riescono a fare i K-Drama che seguono il normale standard di produzione, complicato e frenetico.
Allora perché ci sono così tante persone, soprattutto in Corea ma anche all’estero (come me) che sono state lasciate indifferenti da questo drama o alle quali non è proprio piaciuto? Proverò a dirvi quello che penso in merito, sperando di spiegarmi in maniera esaustiva.

Il drama è composto da 16 episodi, che sono ormai uno standard ma che si sono dimostrati giusti per poter raccontare una storia e fare appassionare gli spettatori. Tuttavia, avere 16 episodi significa che un drama con determinate pretese che vanno oltre la semplice storiella d’amore, come The King, non può cominciare a diventare più “profondo” e interessante verso il decimo episodio. Ma è proprio quello che è successo.

Dopo un inizio non spettacolare ma comunque drammatico e promettente, le cose iniziano a farsi abbastanza… strane? Poco credibili quantomeno, pur tenendo conto della componente fantasy e del fatto che sia un prodotto di finzione.

Abbiamo un personaggio geniale, il Re del Regno di Corea, Lee Gon, (interpretato da Lee Min Ho) che cosparge le pareti della sua stanza di calcoli, non fa che studiare ed è super intelligente e diligente nello svolgere il suo compito di bravo regnante, conosce millemilioni di persone ogni giorno, ma è innamorato di una ragazza della quale non ha mai visto il volto dal vivo, l’ha vista solo in una fototessera del suo distintivo da poliziotta cadutole quando, da quel che lui crede, lo ha salvato dalle grinfie di suo zio, quando era piccolo. E quindi, vuole solo lei per più di vent’anni e non rivolge le sue attenzioni a nessun altra, senza però sapere come contattarla e, soprattutto, se riuscirà mai a trovarla.
D’accordo; i drama spesso giocano sull’amore a prima vista, sul destino, e tutto quello che volete, ma qui partiamo male, perché questo prodotto non vuole essere un drama leggero e senza pretese, non vuole essere una semplice storiella tutta rose e fiori, ma il contrario (ed ecco che si ritorna al problema principale che ho menzionato prima). Un minimo di credibilità in più sarebbe da esigere… non trovate? Un bambino di otto anni che per più di vent’anni rimane ossessionato da qualcuno che non conosce, che ha visto di fatto solo in foto e non ha mai più incontrato?

Esempio per capirci: se non altro il Goblin è una divinità, e come voleva la leggenda, soltanto colei che è destinata a essere la sposa del Goblin può porre fine alle sue sofferenze, con tutta la questione del vero amore e quel che ne consegue. C’è una coerenza interna alla storia e alla cornice fantasy che rende possibile e accettabile qualcosa del genere. E poi, si sono innamorati subito sinceramente e profondamente, o senza dei presupposti su cui si possa reggere una storia d’amore (tralasciando che la coppia o il drama stesso possano essere piaciuti o meno)? La risposta è no, ci è voluto del tempo perché scoprissero e capissero i propri sentimenti.

Nota: Lee Min Ho, lo devo dire con sincerità e senza alcun “odio” nei suoi confronti, non è un bravissimo attore. Lungi da me fare la hater, qui voglio solo apportare uno sguardo critico e non sto dicendo che non possa piacere: vi prego di non leggere quello che dico sotto questa luce.
Oggettivamente parlando, non è un bravissimo attore perché non è versatile, è un attore mediocre che piace più per il suo aspetto e il suo fascino che non per le sue reali abilità attoriali. Il suo range di espressioni è limitato, persino quello di come rende vocalmente le sue battute. Le sfumature della sua voce sono poche, pochissime. Tuttavia, trovo che il suo stile recitativo sia particolarmente adatto a interpretare un personaggio come questo, un re sul suo cavallo bianco pronto a salvare la sua principessa e ad affrontare il cattivo senza mai perdere la sua compostezza (a parte qualche lacrima, ovviamente).

Nel Regno di Corea c’è per l’appunto anche un cattivo, lo zio del Re nonché traditore del Regno, di nome Lee Rim (Lee Jeong Jin) che è indubbiamente il più carismatico tra i personaggi presentati nei primi episodi. Vi dico solo che stavo per fare il tifo per lui. Stavo per, perché andando avanti questo personaggio presentato così iper cattivo e a cui è stato dedicato molto tempo nel primo episodio non mantiene quell’aura temibile dell’inizio, sembra una presenza latente che non provoca eccessive difficoltà al nostro Lee Gon nella prima metà della serie, che non a caso è quella che scorre con più lentezza. Diciamo che Lee Rim continua con il suo piano diabolico spostandosi costantemente tra i due mondi e per un po’ non crea particolari problemi. Avrei voluto vedere di più di lui, e che fosse un cattivo… ancora più cattivo?

Troviamo anche il giovane Woo Do Hwan che interpreta Yeong, la guardia del corpo del Re, ed è anche il suo migliore amico. Lui è il vero scene stealer, colui che con le sue doti attoriali è riuscito facilmente a rubare la scena al protagonista. Non è questione di bellezza, quella è soggettiva; gli attori se sono belli sono un piacere per gli occhi, ma poi ci deve essere altro sotto perché possano contribuire in positivo alla qualità di un prodotto, che sia una serie o un film.

Abbiamo anche un’avvenente primo ministro donna del Regno di Corea, Koo Seo Ryung (interpretata da Jung Eun Chae) che ci prova spudoratamente con il suo Re, praticamente da sempre. Non vi sareste aspettati qualcosa di più “forte” anche da lei, in quanto a un certo punto diventa parte dello schieramento antagonista? Qualche bastone tra le ruote del re in più da parte sua? A prescindere da quel che ne è stato del suo personaggio, l’attrice non mi ha particolarmente colpita. Non ho molto da dire su di lei, secondo me non ha brillato.

Ci sono anche altri personaggi, alcuni adorabili come l’anziana dama di corte o il principe ereditario Buyeong, su cui però non c’è bisogno che mi dilunghi ai fini della recensione.

E poi ci sono anche loro, i sosia del mondo parallelo, che è la Repubblica di Corea dei giorni nostri.
Ma come lo capiamo? Come li vediamo?
Con un andirivieni piuttosto confusionario tra i due mondi, che non sono stati distinti volutamente, immagino, per creare appunto un po’ di confusione… forse nella vana speranza che l’attenzione dello spettatore rimanesse alta durante la prima noiosa metà della serie?
Per facilitare e dare una piccola spinta allo spettatore, avrebbero potuto utilizzare degli escamotage a livello visivo per esempio, come una palette di colori differente per ognuno dei due mondi o cose del genere, ma hanno preferito non farlo e credo che non si sia rivelata una scelta felice.
Questo perché la confusione che ne deriva è eccessiva, ci sono tante scene in cui non è immediata l’associazione con il mondo a cui appartengono e questa cosa si protrae troppo a lungo. Non significa che gli spettatori siano stupidi e non arrivino a capirlo prima o poi, e mi fa ridere il fatto che le accuse mosse alla maggior parte delle persone a cui questo drama non è piaciuto siano del tipo “non ti è piaciuto perché non lo hai capito”. Ecco, non è così. Si capisce, ma è confusionario in modo irritante.
Il fatto è che quando qualcosa del genere succede con una frequenza simile all’interno dello stesso prodotto, e quando peraltro c’è tanta altra carne al fuoco a cui prestare attenzione, non è mai un bene per il grande pubblico; e più che altro non è un bene se tale voluta confusione non viene risolta in un modo interessante, in tempi relativamente brevi senza lasciare che si trascini per tanti, troppi episodi.
Questo punto potrebbe essere uno dei motivi per cui gli ascolti di The King in Corea sono stati ampiamente deludenti: è una storia potenzialmente interessante, ma che non si è dispiegata e non è stata rappresentata sullo schermo in modo sufficientemente accattivante e avvincente perché la maggior parte degli spettatori potessero scegliere di guardare questa serie piuttosto che un’altra.

In questo altro mondo parallelo, la Repubblica di Corea, abbiamo Jong Tae Eul (Kim Go Eun), tipa tosta fin dal principio, cintura nera di taekwondo e poliziotta determinata a fare bene il suo lavoro.
La sosia di Tae Eul nel parallelo Regno di Corea, che prima non ho elencato per parlarne qui, è Luna, una ladra che teoricamente sarebbe all’opposto di Tae Eul (poliziotta vs criminale), differenza che però, secondo me, l’attrice Kim Go Eun non ha reso con un impatto abbastanza forte; la sua Luna mi è sembrata semplicemente una versione più “svogliata” e mai sorridente della poliziotta, senza differenze sostanziali né particolarmente interessanti da notare. Peccato, mi sarei aspettata di più; e anche per questo mi sento di dire che l’ho preferita mille volte in Goblin, in cui il suo personaggio quantomeno evolveva da ragazzina ingenua a donna indipendente che ha realizzato i suoi sogni. Qui anche il personaggio di Tae Eul manca di una caratterizzazione particolare, la sua evoluzione è minima, si tratta più di credere alle parole di Lee Gon e al fatto che la Terra non sia piatta che non di un vero arco narrativo di crescita e cambiamento. Anche il personaggio di Luna poteva riservare delle “sorprese” in più, ma così non è stato.
Kim Go Eun rimane comunque più che bravissima a esprimere il dolore e la sofferenza emotiva dei suoi personaggi, quelle scene recitate da lei mi fanno sempre venire le lacrime agli occhi, e vale anche per The King.

Nella squadra di polizia di Tae Eul troviamo tra gli altri il poliziotto Kang Shin Jae (interpretato da Kim Kyung Nam), che si rivela essere un personaggio più interessante di quel che appare inizialmente, in quanto coinvolto dai piani malefici di Lee Rim quando era solo un bambino. Lui mi è piaciuto da subito, devo dire. L’ho trovato bravino e non lo avevo mai visto prima. L’ho apprezzato molto.

A un certo punto, grazie alla metà del leggendario flauto Manpasikjeok rimasta in suo possesso dopo lo scontro con lo zio di quando aveva otto anni, il nostro Re attraversa il portale che conduce alla Repubblica di Corea. A Gwanghwamun riconosce la donna che sembra essere l’amore della sua vita, Jong Tae Eul, le corre incontro, la abbraccia calorosamente.
Lei, giustamente scettica, lo porta alla stazione di polizia e inizia una tiritera per cui, sempre giustamente, lei non crede alle parole di questo strano individuo che cerca di convincerla che è un re di un universo parallelo, ma che si comporta come se tutto gli fosse dovuto, e non le può rivelare il suo nome, perché non può essere pronunciato da nessuno. Non esiste niente su di lui, nessun documento, niente, e questo è un indizio della sua estraneità al mondo di Tae Eul.

Lui però, che non vive su Marte ma in un mondo parallelo che funziona esattamente come una società civile in cui se vuoi qualcosa lo devi pagare, capisce molto presto di essere in un altro mondo e va comunque in giro a fare un certo tipo di discorsi e crede seriamente che pur non avendo soldi, visto che è il re di un altro mondo, possa non pagare per comprarsi da mangiare. Boh. È una nota un po’ stonata in un personaggio che era stato presentato come geniale e incredibile; va bene che essendo il re è abituato a essere servito e riverito, ma sa come funziona la società e sa che se compri devi anche pagare. Mettiamoci pure che ha capito di essere altrove dal momento in cui nessuno lo riconosce e ha anche visto il sosia di Yeong e, insomma, questa ingenuità irritante non regge affatto. Mi aspetto maturità da un personaggio con certe caratteristiche, non che continui a fare la parte dell’ingenuo e cocciuto adolescente (che non è)… dovrebbe saperlo che senza un minimo di prove le persone non gli possono credere, specialmente se stiamo parlando di una poliziotta. Non ha senso insistere imperterrito a ripetere le stesse cose che alle orecchie di Tae Eul e di Eun Seop sono incomprensibili. Se lo scòpo di tutto questo era farlo risultare simpatico, per me è stato un tentativo fallito.
C’è stato qualcosa di sbagliato nella costruzione del personaggio, a mio parere.

Vediamo appunto anche il sosia della guardia del corpo, Woo Do Hwan in versione ragazzo di Busan di nome Jo Eun Seop, ed è forse l’unico ad essere radicalmente diverso tra tutti i sosia che popolano questo drama. La recitazione di Do Hwan marca la differenza, è un personaggio con un’attitudine opposta a quella della guardia del corpo Yeong, ed è anche simpatico da vedere in contrapposizione alla serietà e alla compostezza di quest’ultimo, diametralmente opposto sia per espressioni che per come si muove e per come parla (oltre al fatto che usa l’accento di Busan). Un bel round di applausi per questo attore, davvero bravissimo a interpretare entrambi i suoi due ruoli.

La storia d’amore

Vorrei ora parlare di questa storia d’amore che puntava all’epicità.
Quando si pecca di presunzione, poi alla fine i nodi vengono al pettine, e per The King non è diverso.

La storia d’amore sembra totalmente forzata, del tipo “devono stare insieme e quindi stanno insieme, punto”. Ma, udite udite, il fatto che sia un fantasy non significa che debba essere privo di qualsiasi logica.

Lee Gon, lo abbiamo detto, è ossessionato da questa donna che non ha praticamente mai visto dal vivo. Gli piace e basta, colpo di fulmine per una fotografia a otto anni e perché lo ha salvato da piccolo… che poi non è nemmeno vero, e lui stesso non ne ha la reale certezza. Da allora, quando era solo un bambino, la sua decisione era già stata presa. Trovare Jong Tae Eul a qualunque costo. E più che altro, la cosa viene presentata come “voglio Jong Tae Eul o nessun’altra”. Ripeto, questo non ha niente a che vedere con la cornice fantasy della serie; è semplicemente poco credibile di per sé, come dinamica. Un conto è essere incredibilmente grati a qualcuno per essere stati salvati e voler ricambiare o mostrare la propria gratitudine, un altro conto è fare come Lee Gon e arrivare a proporre a una semi-sconosciuta di diventare la sua regina… capisco che questa proposta rientrasse in un certo tipo di mentalità del re, nella sua testa chiunque sarebbe lusingato di ricevere una proposta da lui, però… non ci sta lo stesso, non funziona e cozza con il lato maturo e responsabile del personaggio.

Insomma, è bastato praticamente niente per far sì che lui più di vent’anni dopo si prostri completamente a lei, perché continui a seguirla ovunque bombardandola di discorsi che per lei, povera crista, non hanno alcun senso. Non servirebbe dare allo spettatore qualche altro indizio del motivo per cui gli piace così tanto da non volere nessun’altra? Non sarebbe forse meglio se Lee Gon si comportasse diversamente e se il suo amore/interesse per lei crescesse e diventasse evidente solamente dopo aver passato del tempo insieme? Secondo me, sì.

Tutto questo c’entra con quello che scopriamo più avanti nella serie, cioè che grazie al Manpasikjeok Lee Gon può viaggiare nel tempo? Può anche darsi, ma questo aspetto non viene approfondito a sufficienza e comunque quando vediamo queste scene non ne sappiamo ancora nulla, non c’è una spiegazione chiara e certa che vada ad arricchire e a giustificare l’amore del re per questa donna. Se il fatto che lui sia così innamorato di qualcuno che per quanto ne sappiamo noi spettatori non ha mai conosciuto ha davvero a che vedere con i successivi viaggi nel tempo del Re, allora ecco che abbiamo un altro punto della storia che non è stato sviluppato abbastanza e ha perso di fascino per il modo in cui il tutto è stato presentato all’inizio; se, invece, non c’entra nulla… beh, come dicevo, è tutto molto forzato.

Non c’è una scintilla, non c’è uno sviluppo coinvolgente. Perché ci dovrebbe importare di come farà a conquistarla? Sappiamo già che farebbe di tutto per lei, la magia della costruzione di una storia d’amore forte è già in parte bella che andata. Il suo amore-ossessione per lei ci viene spiattellato in faccia fin da subito, ma il guaio è che dopo non c’è sviluppo ulteriore dei sentimenti da parte di Lee Gon, non ci sono alti e bassi da parte sua, non ci sono ripensamenti per mettere un po’ di pepe alla situazione, e forse questa piattezza della storyline romantica è uno dei problemi maggiori.

E a proposito di sviluppi e sorprese, passiamo a lei.

Jong Tae Eul è infastidita a morte e incavolata nera con questo fantomatico re che appare dal nulla e dice un sacco di cose che a lei sembrano insensate, non lo sopporta minimamente, lo tratta malissimo. Non mostra un alcun apprezzamento per questo tizio e non c’è un reale build-up che porti a giustificare la nascita di una relazione. Sembra che Lee Gon stia facendo la figura del pazzo pervertito non corrisposto durante i primi episodi, sostanzialmente. Avrebbe potuto fare la figura del pazzo e basta, e forse sarebbe stato meglio…

Nel quinto episodio si baciano per la prima volta, dopo che finalmente Lee Gon riesce a portarla nel suo mondo e a dimostrarle che quello che ha detto è tutto vero. Lei si lascia baciare, e sinceramente la sensazione è un po’ ambigua. È bastato dare buca ai suoi colleghi una volta per mostrare che Tae Eul sta iniziando a cambiare idea su una persona che finora le era sembrata uno psicopatico delirante?
Non c’è ancora prova evidente che a lei piaccia davvero lui, piuttosto sembrava che stesse iniziando un lento percorso in questo senso, in cui ci sarebbe voluto ancora un po’ perché un personaggio tosto come quello di Tae Eul cominciasse a provare qualcosa per Lee Gon. E invece lascia che la baci, senza particolare trasporto, peraltro. Potere del fascino e della nobiltà? Può essere.
Fatto sta che dopo un paio di episodi, e con queste premesse, lei di punto in bianco sgancia una bomba veramente poco credibile e gli dice che lo ama, per poi andarsene via in macchina. Ma sul serio? Non è che, magari, potevano dirsi qualcosa di tanto importante che non si erano mai detti prima in un altro momento, in un altro modo? Non per forza con rose e cuoricini ovunque, ma in un momento anche semplice, però un po’ più intimo?

Anche qui, vale la stessa domanda di prima. Tutto questo c’entra con il viaggiare nel tempo di Lee Gon come a un certo punto si può iniziare a pensare? E se è così, la conclusione è la stessa: questo meccanismo avrebbe funzionato se fosse stato impostato meglio, in modo meno caotico e con uno sviluppo migliore.

E poi, l’alchimia tra i due attori. Per me esiste solo nelle scene in cui c’è del contatto fisico tra i due; vedi i vari baci (un sacco di fanservice che però non serve a compensare quello che manca in questa storyline romantica), gli abbracci dati correndosi incontro in diverse situazioni, qualche lacrima, e più o meno finisce lì. Per il resto l’ho avvertita poco e niente, e mi è dispiaciuto tantissimo, avrei voluto che fosse tra le cose da salvare.
C’è forse più intesa tra Lee Gon e la sua guardia, Yeong, che non per niente hanno attirato l’attenzione degli spettatori da subito con la loro bromance.

Ho letto commenti in cui si dice che è una storia d’amore molto matura, e mi permetto di dissentire. Non c’è molto da argomentare se non che può senza dubbio piacere e fare sognare, ma che per un attimo bisogna uscire dalla mentalità del fan per adottare una visione un pochino più oggettiva, e se lo si fa si vede quanto non sia né matura né ben sviluppata.

Quindi, diciamo che la prima metà della serie è lenta, la progressione della trama per lunghi tratti è inesistente e per altri fa vedere qualcosa che ti fa pensare “mmh, però magari migliora da qui in poi”, ed è così fino più o meno al decimo episodio. Il motivo è semplice, è che a questo punto la storia entra nel vivo, cosa che avrebbe dovuto fare molto prima per guadagnarsi il favore del pubblico.

Se la prima metà è piena di scene riempitive, dobbiamo senza dubbio menzionare il problema relativo al Product Placement (PPL), ovvero alle pubblicità agli sponsor.
È un problema che affligge molte serie, qualcuna più e qualcuna meno, perché ci sono due modi in cui il PPL, che è vitale perché le serie vedano la luce, può essere incorporato in un drama: un modo giusto, e uno sbagliato.
Il modo sbagliato, quello prevalente in The King, è quando il PPL spezza la narrazione, quando la interrompe inutilmente, e quando gli attori (poveretti) si trovano costretti a recitare battute che ti imbarazzano tanto da farti venire voglia di scavare una buca e mettertici dentro al posto loro. Stavo per aspettarmi che qualcuno di loro guardasse la macchina da presa e mi chiedesse di comprare direttamente i prodotti sponsorizzati.
Un po’ come quando in Descendants of the Sun il co-protagonista bacia la sua amata in macchina azionando il pilota automatico e proseguendo così per un po’. Vabbè.
Il modo giusto è quello più subdolo, evidente ma subdolo al tempo stesso; mostrare o menzionare nei dialoghi marchi, ristoranti, negozi, prodotti e tutto il resto in modo accettabile, che tutto sommato non interrompe il fluire della storia e non ti fa morire dal ridere a pensare come cavolo abbiano potuto pensare certe cose; è passabile anche che i personaggi vadano a mangiare nella stessa catena di ristoranti di pollo fritto, ad esempio, o che prendano sempre un frullato nello stesso posto e dicano “quanto è buono!”, per capirci; ma quando la cosa va oltre, è disturbante.
Se il resto della prima metà della serie fosse stato orchestrato meglio, forse anche il PPL avrebbe avuto un impatto diverso e mi avrebbe dato meno fastidio.

Poi, sempre nella prima metà, l’editing.
La scena in cui Lee Gon e Tae Eul si trovano in quella specie di terra di mezzo tra i due mondi paralleli, è raccapricciante. Non si lega visivamente al resto, e per di più è editata così grossolanamente che pare di guardare un film anni ’50 ricolorato.
Vuoi forse per le lamentele, vuoi perché in produzione se ne sono accorti da soli, la situazione è decisamente migliorata nella seconda metà.
Vi ricordo che il budget per questo drama era di 25 milioni di dollari. Qualcosina meglio fin da subito non si poteva fare? Già il lavoro non è stato proprio egregio nello sviluppo della storia e nemmeno nella regia, magari certe cose si sarebbero proprio potute evitare per non inficiare la qualità della serie.
So bene che il budget viene dilapidato soprattutto dai compensi alle star del drama, ma in ogni caso stiamo parlando di una serie che aveva tutte le carte in regola per fare le cose come si deve, quindi certi errori difficilmente riesco a perdonarglieli.

Non mi ha fatto particolarmente impazzire la fotografia, ma questo è un male di gran lunga minore e decisamente soggettivo; a volte sembrava più da commedia romantica nuda e cruda, pelli ultra-lisciate, luci bianche a bomba ovunque, contorni ammorbiditi, poco contrasto. Magari si può far ricondurre questa scelta alla volontà di raccontare una storia simile a una fiaba… ma anche questo, sebbene in piccolissima parte, ha contribuito a far sembrare The King l’opposto di quello che voleva essere; voleva essere qualcosa di epico, ma è risultato semplicemente “un altro drama.

Poi, finalmente, arriva la seconda metà, in cui succedono effettivamente delle cose, in cui ci sono meno scene riempitive, meno disturbi da PPL, e si fa più interessante, per quanto io abbia comunque faticato a finirlo.
Ho faticato perché semplicemente mi aveva annoiata fino a quel punto, salvo pochi sprazzi qua e là; non ero più curiosa di sapere cosa sarebbe accaduto, e della coppia di protagonisti non poteva importarmene meno di così, ed è raro che mi succeda. Mi importava di più per Shin Jae e per Yeong che per loro due… ma ormai lo avevo cominciato e dovevo finirlo, anche solo perché se non l’avessi finito non mi sarei sentita di scrivere questa pseudo-recensione con cognizione di causa.

Gli ultimi episodi si avvicinano di più a quello che il drama avrebbe dovuto e potuto essere; più avvincente, meno lento, eccetera eccetera. Ma non è abbastanza per dire che mi sia piaciuto, perché le rivelazioni arrivano tardi, sembra sempre che manchi qualche tassello, e lo scontro finale con Lee Rim non ha il pathos che uno scontro risolutivo con l’antagonista dovrebbe avere. La cosa dei viaggi nel tempo, oltre che tra i mondi, è interessante ma mai approfondita a sufficienza, sembra messa lì per aggiungere qualche elemento in più o come scusa perché Lee Gon possa sconfiggere suo zio, cosa che altrimenti sarebbe stata più complessa senza questa possibilità. Spero capiate cosa intendo.
Lo script rimane uno dei problemi di questa serie dall’inizio alla fine; confusione, pochi approfondimenti, troppa carne al fuoco.
Il finale mi ha lasciata abbastanza indifferente, spero che le persone a cui è piaciuto il drama lo abbiano trovato soddisfacente, perché so quanto sia brutto quando ci piace tanto una serie ma il suo finale ci delude.

Credo che il mio pensiero sia chiaro e racchiuso nella frase che ho messo tra virgolette all’inizio; per concludere posso dire che mi è dispiaciuto per tutto quello che non ha funzionato, e perché non mi sono sentita coinvolta come avrei voluto. Avrei davvero voluto che andasse diversamente, ma purtroppo non è stato così.

Ci sono drama di gran lunga peggiori, poco ma sicuro, però ce ne sono anche di migliori e credo che prima di definire questo prodotto “epico” bisogna pensarci due volte. Non ha introdotto tematiche particolarmente nuove, non ha segnato uno spartiacque nella produzione di drama né ha ottenuto ascolti incredibili come ci si sarebbe aspettati, non ha sbalordito in nessun senso e per quanto sia piaciuto a molti soprattutto all’estero, è innegabile che non abbia soddisfatto le aspettative che si erano create attorno ad esso.

Penso che, a volte, quei drama su cui nessuno scommetterebbe o attorno ai quali non si crea così tanto hype possono dare risultati migliori di quelli che partono sapendo di essere molto attesi e avendo tutti gli elementi giusti, ma che in fin dei conti non riescono a decollare.

Detto questo, ribadisco che ci sono tante persone che, invece, lo hanno adorato e sono felice che abbiano trovato in questo drama quello che non ho trovato io. Per fortuna siamo tutti diversi, e una serie ci può dare qualcosa, ci può arrivare, ci può emozionare anche quando viene decretata poco accurata o ne vengono fatti emergere i lati negativi!

Spero che coloro a cui è piaciuto non abbiano preso questa recensione come il male assoluto, ma che la possano considerare un semplice punto di vista differente o, magari, uno spunto di riflessione.

Grazie di cuore a tutti per averla letta!

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Le principali emittenti sudcoreane

La competizione tra le emittenti terrestri e la recente entrata in gioco delle tv via cavo hanno condotto alla crescita della produzione di drama; il forte interesse degli spettatori ha incoraggiato ulteriormente l’industria a spingere sempre più avanti i propri limiti e a produrre programmi di maggiore qualità per un pubblico i cui gusti cambiano continuamente, diventando sempre più sofisticati. Vediamo insieme quali sono le emittenti sudcoreane che si contendono l’attenzione del pubblico.

Le “Big Three”: le emittenti pubbliche

KBS (Korean Broadcasting System, 1959)
MBC (Munhwa Broadcasting Corporation, 1969)
SBS (Seoul Broadcasting System, 1991)

Fin dalla loro nascita queste emittenti hanno puntato moltissimo sulla produzione e sulla trasmissione di serie televisive esplorandone diversi formati e trame, e dagli anni ’90 si è scatenata quella che è stata definita una vera e propria “guerra di drama”. Tale guerra ha portato alla creazione di uno standard e quindi del formato della miniserie che ancora oggi i drama coreani adottano, così come ha portato a produzioni di sempre maggiore entità e qualità e all’esplorazione di generi nuovi, nel tentativo di catturare l’attenzione del pubblico.
Se fino a qualche anno fa le cosiddette Big Three la facevano da padrone e lottavano soltanto tra loro per gli ascolti televisivi, il quadro è decisamente cambiato.
Con le televisioni via cavo (a pagamento) anche la Corea del Sud è entrata nell’era della multicanalità, e questo ha significato per le tre maggiori emittenti ritrovarsi in un panorama nuovo, in cui niente è più assicurato. Per sopravvivere a questa seconda guerra di drama, la soluzione per le Big Three è stata una sola: diversificare la produzione e migliorare la propria offerta per non soccombere alle nuove arrivate.

Alcuni successi recenti di queste tre emittenti sono:

KBS: Healer (2014, azione, romantico), Descendants of the Sun (2016, militare, medical, romantico), When the Camellia Blooms (2019, commedia romantica, thriller).

MBC: Moon Embracing the Sun (2012, storico, romantico, fantasy), Kill Me Heal Me (2015, commedia romantica, medical, suspense), W-Two Worlds (2016, fantasy, romantico).

SBS: My Love From the Star (2013, fantasy, commedia romantica), Romantic Doctor Kim (2016, medical, romantico), While You Were Sleeping (2017, romantico, drammatico).


Le tv via cavo: le nuove arrivate, più agguerrite che mai

L’avvento delle tv via cavo è stato come una boccata d’aria fresca per il pubblico (anche per quello internazionale): osano di più, producono serie di qualità e vista la fama che hanno acquisito, sono passate dal puntare su talenti sconosciuti ad ingaggiare le maggiori star del panorama sudcoreano. Vediamo quali sono le tre principali.

tvN

Di proprietà della sussidiaria del più importante conglomerato mediatico sudcoreano, la CJ E&M, è il principale tra i canali via cavo. Avviato nel 2006, cominciò da subito a trasmettere K-Drama, ma fu soltanto nel 2012 che riuscì ad ottenere un successo significativo in termini di ascolti, con la serie Reply 1997. Il drama è il primo di una trilogia antologica, seguito da Reply 1994 (nel 2013), e Reply 1988 (nel 2015-2016). Essendo parti di una serie antologica, i tre drama seguono vicende e protagonisti differenti, interpretati da attori emergenti o non ancora famosi. Reply 1988, in particolare, si distanzia dal genere romantico/ melodrammatico che contraddistingue molti drama coreani, focalizzandosi di più sull’amicizia, sui legami familiari, e mescola eventi realmente accaduti alla fine degli anni ‘80 con la vita dei suoi protagonisti, sfociando comunque nell’identificazione emotiva del pubblico di ogni età con i personaggi e i loro archi narrativi, e in una buona dose di commedia.
Il 2016, l’anno del decimo anniversario della rete, ha segnato un momento storico con l’arrivo sul piccolo schermo di Signal, un fantasy thriller che manca quasi totalmente dell’elemento romantico e che segue le vicende di un criminal profiler, il quale si ritrova a portare a termine casi irrisolti con l’aiuto di un detective del passato, con il quale comunica attraverso una misteriosa ricetrasmittente appartenuta a quest’ultimo. Il drama è stato particolarmente acclamato per la trama eccellente, per la recitazione e per la sofisticata regia. Alla fine dello stesso anno ha debuttato sugli schermi il fantasy romance intitolato Goblin: the Lonely and Great God (conosciuto più semplicemente come Goblin), una storia totalmente diversa dai precedenti successi della rete, in cui l’amore e il destino sono i fattori che nutrono la trama entrando nel cuore degli spettatori sia per la novità della storia che sul piano della mescolanza dei generi, una commedia fantasy romantica e melodrammatica allo stesso tempo, sia per la bravura degli attori e per l’eccellente fotografia, che ritrae in alta definizione affascinanti ambientazioni. Nel 2018 arriva la maestosa serie storico-drammatica Mr. Sunshine, alla quale ha lavorato la coppia consolidatasi con gli acclamati Descentants of the Sun e Goblin, formata dalla sceneggiatrice Kim Eun Sook, uno dei nomi di maggiore successo della serialità televisiva sudcoreana, e dal regista Lee Eung Bok. Nel 2020 il drama intitolato Crash Landing On You ottiene un grande successo di pubblico e critica, soprattutto per la novità costituita dall’ambientare metà della serie in Corea del Nord, Paese natìo del protagonista.

JTBC

Nata nel 2011, è la seconda rete via cavo più rilevante in questo ambito. Attirò l’attenzione del pubblico nel 2013, quando il suo serial da 40 episodi Childless Comfort superò gli ascolti della miniserie Reply 1997 della tvN. Racconta la vita di una famiglia residente nei sobborghi di Seoul, e di come i suoi membri abbiano a che vedere con la discriminazione sociale derivante dall’inaspettata gravidanza di una nipote, intelligente e ben istruita, che non ha un compagno e diventa così una madre single. Childless Comfort è stato il primo drama via cavo a ottenere una percentuale di ascolti a doppia cifra ed è rimasto quello con gli ascolti più alti nella storia della JTBC fino al 2017. In quell’anno è andato in onda Woman of Dignity, una miniserie incentrata sulla moglie di un ereditiere, che assume una governante per il suo malato e ricco suocero, ma che finisce per vedere la sua vita lussuosa capovolta proprio a causa della donna che ha assunto.
Woman of Dignity è stato acclamato dalla critica in quanto drama “sociale”, in cui il confronto tra le due donne simboleggia le lotte di potere e la struttura delle classi sociali in Corea, e ha raggiunto un picco di ascolti del 12%.
Il 2017 è stato anche l’anno del bizzarro e comico Strong Woman Do Bong Soon, scritto dalla stessa autrice di Woman of Dignity, in cui una ragazza minuta e apparentemente innocua possiede una forza sovrumana e diventa così la guardia del corpo di un chaebol, del quale si innamorerà. Strong Woman Do Bong Soon ha registrato ascolti molto alti, ma il vero grande successo per la JTBC è arrivato nel 2019 con Sky Castle; dato che ha debuttato con l’1.7% di ascolti ed è lentamente e gradualmente cresciuto fino a raggiungere il 23.8% durante l’episodio finale, la serie che lancia una pesante critica alla società coreana si è affermata come una delle serie via cavo sudcoreane più viste di sempre. Soltanto nella prima metà del 2020 Itaewon Class e The World of the Married hanno ottenuto enorme popolarità sia tra i fan internazionali che tra quelli domestici.

OCN

Questa rete è principalmente un canale di cinema gestito dallo stesso conglomerato fondatore della tvN.
Il suo marchio di fabbrica sono i drama appartenenti al cluster chiamato SMAT (sci-fi, mystery, action, thriller) e soltanto recentemente la OCN è emersa nella produzione di drama.
Nel 2017, infatti, il crime/suspense thriller dal titolo Voice si è guadagnato il favore del pubblico con una trama molto più dark e cruda di qualsiasi altra che si possa rintracciare tra i drama dei tre network terrestri. Il successore di Voice è stato Tunnel, che incorpora nel thriller gli elementi del viaggio nel tempo. Alcuni tra i titoli che portano avanti il marchio distintivo della rete sono il mystery thriller Save Me (2017) e il suo seguito, Save Me 2 (2019); Hand: The Guest (2018), incentrato su pratiche di esorcismo e sciamanesimo e il recente thriller Tell Me What You Saw.

TV Chosun e Channel A

Sono due attori minori sulla scena televisiva delle produzioni di drama via cavo, nati entrambi nel 2011. I drama più conosciuti nel catalogo di Channel A sono il romantico Twelve Nights (2018), il fantasy romance intitolato Coffee, Please (anche Coffee, Do Me A Favor, 2018) e Love Affairs in the Afternoon (2019).
Per quanto riguarda TV Chosun, invece, la serie principale è Grand Prince (2018). Il secondo drama degno di nota è Babel (2019).

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I K-Drama sono…K-Drama!

Soap-opera? Telenovelas?
No: i K-Drama sono un genere a sé stante! Vediamo perché.

Sono in molti a scegliere ancora di definire i K-Drama come delle soap-opera o delle telenovelas in versione coreana, additando spesso in maniera negativa la forte connotazione di emotività che contraddistingue questi prodotti e implicando in qualche modo che si tratti di testi audiovisivi di dubbia qualità.
Credo che, ad oggi, questo assunto non possa essere applicato così facilmente e superficialmente; se è vero che moltissimi drama, specialmente quelli prodotti prima del 2013 (una data che ritengo uno spartiacque), possono essere effettivamente assimilabili allo stile delle soap-opera, con delle trame dai risvolti discutibili ed esageratamente drammatici, o della telenovela, per via della forma narrativa chiusa e della presenza di un numero ristretto di protagonisti, e se è pur sempre vero che sia i K-Drama che queste ultime sono indirizzati soprattutto al pubblico femminile, è altresì riscontrabile quanto le miniserie sudcoreane da prima serata differiscano in vari modi sia dalla soap-opera che dalla telenovela.

Le prime incongruenze emergono a livello di struttura narrativa: soap e telenovela appartengono alla categoria dei serial, perciò costituiscono una forma seriale lunga (telenovela) e lunghissima (soap opera).
Se una telenovela è costituita in media da un centinaio di episodi, la soap opera può durare per decenni, finché il pubblico dimostra di esserne interessato; di contro ad entrambe, i K-Drama da prima serata raramente superano i 24 episodi (o 48/50 quando si tratta del recente formato da 35-40 minuti adottato dalle emittenti terrestri), e soltanto alcuni sageuk sono forme di serialità più lunga, in ogni caso chiusa e molto più breve rispetto agli altri due tipi di serialità in esame.

La programmazione coreana prevede, oltre alle miniserie da prima serata che sono le più famose, anche la trasmissione di sitcom e di drama quotidiani, mattutini e serali; sono piuttosto questi ad essere riconducibili alla telenovela in termini di durata complessiva, e non è così facile che vadano in onda per oltre un anno, distanziandosi anch’essi dalla serialità lunghissima della soap opera, pur condividendone elementi centrali come il “pedinamento” delle famiglie che di solito sono protagoniste.
Un elemento che avvicina i drama da prima serata alla telenovela è piuttosto il fatto di porre spesso al centro il racconto della storia d’amore di una coppia, normalmente circondata da personaggi secondari che, a differenza però di quanto accade nelle telenovele, in cui le linee narrative di contorno trovano una risoluzione piuttosto veloce, spesso giocano un ruolo importante per la storyline principale e arrivano a compimento contemporaneamente ad essa.
A differenza delle soap opera, in cui possono esserci dei personaggi di rilievo ma il cui racconto si costruisce sulla base delle azioni di interi e anche molteplici nuclei familiari, nei drama da prima serata è difficile che ciò accada soprattutto per via della durata limitata, che porta a concentrare la trama su un numero definito di protagonisti le cui vicende, come già detto, sono comunque intrecciate con quelle di altri personaggi minori. Inoltre, similmente a quanto accade nelle telenovelas ma a differenza delle soap opera, nei K-Drama possono essere presenti salti temporali di mesi, anni o, come nel caso della presenza di espedienti narrativi come i viaggi nel tempo, anche cornici temporali dinamiche che spaziano tra i secoli.
Le telenovelas, tuttavia, sono solitamente ambientate in epoche passate, spesso nell’800, mentre le soap opera sono quasi tutte ambientate nell’età contemporanea; i K-Drama invece utilizzano entrambe le modalità separatamente, con i sageuk da un lato e i drama moderni dall’altro, ma anche contemporaneamente, nello stesso prodotto, con i fusion, i faction sageuk e anche alcuni drama moderni.

Soap opera e telenovela fidelizzano lo spettatore grazie alla loro natura di appuntamenti quotidiani, in onda tutti i giorni feriali alla stessa ora; i K-Drama da prima serata, lo abbiamo visto qui, sono invece programmati per andare in onda con due episodi ogni settimana.
Questo significa che devono fare affidamento non tanto sulle strategie di messa in onda, quanto proprio sulle trame e su una qualità complessiva del prodotto, per poter avere successo tra gli spettatori e ottenere seguito anche fuori dai confini coreani.
Ciò spiega anche la presenza in questi prodotti di star del cinema coreano, e viceversa di celebrità lanciate dai drama che approdano in seguito al cinema. Questi attori non sono apprezzati solo per il loro aspetto fisico, ma conquistano l’affetto del pubblico anche per la loro professionalità e versatilità.

La visione che propongo è perciò la seguente: le serie televisive sudcoreane da prima serata non sono soap opera, non sono telenovele, sono piuttosto un genere televisivo a sé stante, un ibrido che mescola alcune delle caratteristiche proprie di queste due forme di serialità, cercando però di migliorare costantemente gli aspetti tecnici, di includere sempre di più la computer grafica e gli effetti speciali, di spaziare tra i generi, sulla scorta dell’esempio costituito dalla serialità che domina a livello internazionale, cioè quella mainstream americana, senza però dimenticare la propria peculiare identità.


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Drama che ho guardato

Si sa, le serie tv ne sanno qualcosa sul creare dipendenza.
Due o tre episodi di assestamento, inizi a conoscere i personaggi, le loro personalità, le loro emozioni e i loro desideri e il gioco è fatto: ti catturano, ti coinvolgono ridi e piangi insieme a loro e sebbene tu sappia che non puoi passare metà giornata a guardare un episodio dopo l’altro, può capitare che tu lo faccia. La controindicazione è che finisci per sembrare uno zombie proprio come si vede nella foto qui sopra (l’attore Park Seo Joon in una scena di What’s Wrong With Secretary Kim?).
Per quanto riguarda i drama coreani, difficilmente si può essere al passo con le nuove uscite: è vero, durano poco avendo, di norma, una sola stagione, tuttavia ne escono di nuove ogni mese e il numero totale delle serie prodotte annualmente da un paese così piccolo è qualcosa di sbalorditivo.

Insomma, bisogna necessariamente scegliere su cosa concentrarsi, quindi ecco qui l’elenco con i titoli di tutti i K-Drama che ho guardato in questi anni in ordine alfabetico, costantemente aggiornato. 
Troverete anche la sezione di quei drama che ho smesso di guardare, quasi sempre perché non mi hanno coinvolto a sufficienza o perché hanno deluso le mie aspettative.

NB: per tenere traccia dei drama guardati, di quelli che si sta guardando e di quelli che si desidera vedere, c’è un sito molto utile e completo, interamente dedicato alle serie asiatiche: è Mydramalist, che io ho iniziato a usare solamente da poco perché ero solita annotare su un piccolo quaderno tutte queste cose, ma che è davvero simpatico e semplice da usare!
Ve ne parlerò in un articolo dedicato.

  1. Angel’s Last Mission: Love 
  2. Black Knight 
  3. Cheese in the Trap 
  4. Chicago Typewriter 
  5. Chief Kim 
  6. Chief of Staff (stagione 1) ancora da finire!
  7. City Hunter 
  8. Descendants of the Sun 
  9. Dinner Mate
  10. Doctors 
  11. Goblin 
  12. Healer
  13. Heartstrings 
  14. Her Private Life
  15. Hotel Del Luna 
  16. Itaewon Class
  17. It’s Okay To Not Be Okay attualmente in onda
  18. Just Between Lovers 
  19. Kill Me Heal Me 
  20. Kingdom 1 & 2
  21. Liar Game 
  22. Mad Dog 
  23. Master’s Sun
  24. Memories of the Alhambra 
  25. Melting Me Softly 
  26. Moon Lovers. Scarlet Heart: Goryeo 
  27. Mr. Sunshine 
  28. My Country: The New Age ancora da finire!
  29. Oh My Venus
  30. Reply 1988
  31. Romantic Doctor, Teacher Kim 
  32. Search: WWW ancora da finire!
  33. Signal 
  34. Strong Woman Do Bong Soon 
  35. Tell Me What You Saw
  36. Temperature of Love
  37. The Heirs  
  38. The K2 
  39. The King: Eternal Monarch
  40. The World of the Married
  41. Tunnel 
  42. Vagabond ancora da finire!
  43. Voice 
  44. What’s Wrong With Secretary Kim? 
  45. While You Were Sleeping 
  46. W-Two Worlds 
  47. Yong Pal 

Drama che ho smesso di guardare:

  1. Don’t Dare To Dream (Jealousy Incarnate)
  2. Entertainer
  3. Fix You
  4. Hwarang: The Beginning
  5. Meow: The Secret Boy
  6. Romance is a Bonus Book
  7. Something in the Rain (Pretty Noona Who Buys Me Food)
  8. Wanted


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