Era il 1997, poco più di vent’anni fa, quando per la prima volta dei prodotti facenti parte della cultura popolare coreana ottennero un successo considerevole fuori dai confini del Paese. Perciò, anche se il termine Hallyu (ovvero Onda Coreana) fu coniato due anni più tardi da dei giornalisti di Pechino per indicare la grande popolarità di alcune serie televisive coreane e della musica pop coreana in Cina, possiamo in realtà datare al 1997 la nascita del fenomeno.
Dal momento che a tutti quei prodotti facenti parte di Hallyu viene aggiunto il prefisso “K”, le serie televisive coreane vengono indicate come K-Drama (abbreviazione che sta per Korean Drama), così come la musica pop è conosciuta come K-Pop.
Pre-Hallyu
Prima di allora, la cultura popolare coreana veniva prodotta, distribuita e consumata principalmente in Corea ed era pressoché sconosciuta all’estero. Le politiche culturali del governo a fine anni ’90, che riguardavano anche lo sviluppo tecnologico, permisero a questi prodotti di varcare i confini del Paese e fecero sì che si verificasse un’improvvisa popolarità di serie televisive e musica pop dapprima in Cina e a Taiwan, e successivamente in altri Paesi asiatici, come Hong Kong, Singapore, Malesia, Tailandia, Vietnam, oltre che nelle comunità asiatiche residenti all’estero.
In pochi anni, la Corea sarebbe diventata un importante player nel panorama della cultura transnazionale.
I Paesi di questa regione del mondo avevano già visto circolare al proprio interno altre ondate di popolarità di serie televisive provenienti da diverse parti dell’Asia, e soprattutto da Taiwan e Giappone. Da Taiwan, negli anni ’80, arrivarono storie melodrammatiche in costume, con protagoniste nuore sofferenti ma – alla fine – trionfanti, sullo sfondo di famiglie ricche e molto complicate.
Nei primi anni ’90, invece, fu la volta dei trendy drama giapponesi, serie che ritraevano storie d’amore tra giovani professionisti, vestiti da capo a piedi con abiti alla moda, che vivono in lussuosi appartamenti e frequentano i luoghi più trendy di Tokyo. Si trattava di metafore visive della società capitalistica e consumistica che affascinarono il pubblico dell’Asia Orientale e il Sud-Est Asiatico, specialmente quello dei Paesi in via di sviluppo, che anelavano ad una migliore qualità della vita anche in merito ai beni materiali.
Il passato di colonialismo e guerre influenzò non poco gli scambi di cultura popolare in questa regione. Se Taiwan, il cui antagonista politico costante era la Cina, si dimostrò particolarmente favorevole all’entrata della cultura pop giapponese entro i suoi confini, lo stesso non si può dire per la Corea del Sud. Lì l’amara storia dell’occupazione giapponese aveva portato all’introduzione di un divieto ufficiale, che impediva l’importazione di prodotti culturali dal Giappone e che durò dal 1945 al 1998, quando Giappone e Corea firmarono la dichiarazione del New 21st Century Korea-Japan Partnership. I rapporti tra Giappone e Corea vennero mitigati ulteriormente soltanto nel 2002, con l’organizzazione della FIFA World Cup co-ospitata dai due Paesi.
Quella fu la prima occasione per la Corea (dopo le Olimpiadi di Seoul del 1988) di far vedere al mondo quanto fosse riuscita a cambiare e a diventare una nazione avanzata.
La popolarità dei drama giapponesi ebbe inizio con la trasmissione illegale da parte di emittenti satellitari private, come accadde a Taiwan, e con il consumo privato underground, come accadde in Corea. Nel resto dell’Asia Orientale arrivò a sorpresa, e motivò i produttori a intraprendere una strada più orientata alla creazione di serie che potessero conquistare il mercato estero; tuttavia, questa strategia fallì e gli “esperimenti” terminarono, portando i produttori a rivolgersi di nuovo al proprio mercato interno (ad eccezione di casi di coproduzione con altre nazioni).
Molti governi asiatici erano stati per molto tempo sulla difensiva nei confronti di influenze culturali provenienti da altri Paesi, ma negli anni ’90 si allinearono al trend globale di apertura dei mercati, presupposto che porterà alla circolazione della cultura popolare coreana in questa regione.
La crisi finanziaria del 1997 indusse le industrie televisive dei paesi asiatici a cercare programmi più economici rispetto ai relativamente costosi drama giapponesi, la cui fama iniziò a sfumare. Gli importatori a Taiwan decisero allora di comprare le più economiche serie televisive coreane; costavano un quarto della controparte giapponese e un decimo delle serie tv di Hong Kong. Taiwan ricoprì poi il ruolo di intermediaria, favorendo la penetrazione dei drama coreani nei mercati di Hong Kong e Cina. La confluenza di queste due strategie portò ad una rapida importazione di drama coreani nel resto dell’Asia.
What is love all about?
Il primo successo in Cina per un drama coreano arrivò nel 1997 con la serie intitolata What is love all about?. La trama è incentrata su due famiglie molto diverse, una conservatrice e patriarcale, l’altra moderna e di mentalità aperta, i cui membri finiscono per diventare parenti acquisiti. Il serial racconta comicamente i problemi che sorgono tra i personaggi litigiosi e attaccabrighe, e trasmette un messaggio sull’importanza del bilanciare valori tradizionali e valori progressisti, una capacità che, secondo gli spettatori e gli studiosi, è tipica delle serie coreane; sembra che esse esercitino un appeal potente sul pubblico asiatico tendenzialmente conservatore proprio per il modo in cui mescolano i valori tradizionali del confucianesimo, profondamente radicato in Asia, con la modernità. What is love all about? fu trasmesso dalla principale emittente pubblica cinese CCTV (China Central Television) in seconda serata, ma ebbe un tale successo da essere trasmesso nuovamente nel 1998 in prima serata, ottenendo tra l’altro il secondo posto nella classifica degli show televisivi importati con rating più alti nella storia della TV cinese. Il drama aprì la strada all’entrata dei prodotti di intrattenimento coreani in Cina e perciò al successo di quegli stessi prodotti che da allora in poi sarebbe stato riconosciuto con il nome di Hallyu.
Winter Sonata
In realtà, quando il termine fu coniato, la popolarità dei drama era limitata a pochi show e non era ancora esplosa davvero.
Nel 2002, però, in Corea andò in onda un melodramma intitolato Winter Sonata, che cambiò radicalmente le carte in tavola. L’attore Bae Yong Jun interpreta il ruolo di un adolescente orfano di padre, che a causa del suo passato familiare è introverso, fatica ad esprimere se stesso e non interagisce molto con gli altri. Il ragazzo non ha mai creduto che il padre biologico sia morto e per questo decide di andare a cercarlo nel paesino rurale in cui i suoi genitori si erano conosciuti, dove però si innamora di una sua compagna di classe (interpretata dall’attrice Choi Ji Woo). Le sue indagini lo portano a credere che il suo padre biologico sia anche il padre della ragazza che ama; frustrato, decide di lasciare il paesino e, mentre si reca da lei per vederla un’ultima volta, rimane coinvolto in un incidente d’auto che gli costa la perdita della memoria. Tutti pensano che il giovane sia morto; in realtà la madre lo ha portato negli Stati Uniti per permettergli di iniziare una nuova vita meno angosciata e creare nuovi ricordi, facendogli assumere una nuova identità. Dieci anni dopo, di ritorno in Corea, il ragazzo incontra nuovamente la sua ex compagna di classe senza però riconoscerla. I due si innamorano di nuovo, e il resto dello show si concentra sul racconto della loro complicata storia d’amore e sulle difficoltà che dovranno affrontare, con la ragazza che gradualmente inizia a sospettare che il suo nuovo fidanzato sia in realtà il suo primo amore.
In questa serie si rintracciano elementi chiave della popolarità dei K-Drama: la storia è accattivante e intrecciata, permette di imparare qualcosa sulla cultura coreana, è ricco di belle ambientazioni, l’intesa tra i due protagonisti è palpabile e gli attori sono considerati attraenti e capaci di veicolare le emozioni provate dai personaggi in modo eccellente.
L’insieme degli elementi citati rese Winter Sonata un fenomeno senza precedenti in Giappone: fu trasmesso dall’emittente NHK nell’aprile del 2003 e fino al 2004 fu trasmesso altre 3 volte, di cui l’ultima con i sottotitoli anziché doppiato, vista la richiesta del pubblico di gustare lo show con una “genuina atmosfera coreana”. Gli attori protagonisti diventarono talmente popolari da ricevere attenzioni che prima di allora erano state riservate solo alle star hollywoodiane più famose. L’attore protagonista si guadagnò il titolo onorifico giapponese di Yon-sama. Moltissimi fan iniziarono a interessarsi alla cultura coreana, a organizzare incontri a tema “Corea” e “K-Drama” e a studiare la lingua: l’ampia influenza che Winter Sonata ebbe sulle loro vite è una caratteristica indicativa dell’impatto di questo serial.
In più, la percezione dell’uomo coreano da parte delle donne giapponesi (principalmente di età compresa tra i 30 e i 40 anni) cambiò proprio per via del protagonista del drama, che gli appariva di bell’aspetto, intelligente e di successo, ma anche sensibile, premuroso e comprensivo, soprattutto verso le donne.
Dae Jang Geum (Jewel in the Palace) e le affinità con la Cina
Tra il 2003 (data della sua prima messa in onda in Corea) e il 2005, il drama storico Dae Jang Geum, conosciuto anche come Jewel in the Palace, conquistò invece una grande fetta di pubblico di etnia cinese. Ambientato nella società altamente gerarchica e patriarcale della Corea del Sud di inizio 1500, all’epoca della dinastia Joseon, è ispirato alla storia vera di Jang Geum (interpretata dall’attrice Lee Young Ae), una donna che fin da bambina sfida le convenzioni sociali che impedivano alle donne di avere accesso alle stesse attività degli uomini, una su tutte imparare a scrivere. Dopo le difficoltà affrontate dalla morte dei suoi genitori, che erano stati espulsi dalla corte del re, Jang Geum entra a palazzo, in continua competizione con un’altra ragazza che fa di tutto per ostacolarla. Sotto la protezione di una dama di corte, Jang Geum cerca di impegnarsi al massimo, superare i problemi che le si presentano e imparare i segreti della cucina tradizionale coreana, raggiungendo così l’obiettivo di diventare la migliore cuoca del palazzo. La sua gelosa antagonista ordisce una congiura ai danni della ragazza, che viene espulsa dalla corte e costretta a fare da serva all’ufficio governativo dell’isola di Jeju. Lì Jang Geum, sapendo che l’unico modo di rientrare alla corte del re per un servo è attraverso la conoscenza medica, si dedica allo studio della medicina tradizionale e si fa conoscere come guaritrice; una volta tornata a palazzo il re la sceglierà come medico di corte e poi come medico personale, facendo di lei il primo medico donna della dinastia Joseon. Il re è innamorato di lei, ma Jang Geum non ricambia; i suoi sentimenti sono rivolti a un altro uomo che le è stato accanto nei momenti più difficili della sua vita, e che ha sempre ammirato la sua curiosità, tenacia e intelligenza.
Nessuno avrebbe immaginato che il drama potesse essere esportato con successo, per via del background culturale e storico che potrebbe sembrare una limitazione al suo appeal. Le serie che avevano valicato i confini di Giappone e Corea fino ad allora appartenevano al genere contemporary urban romance, mentre le serie storiche non erano esportate perché le audience di altre parti dell’Asia avrebbero potuto non possedere una conoscenza sufficiente a sostenere l’interesse per questi prodotti, che di solito sono molto lunghi. Jewel in the palace, con i suoi 54 episodi della durata di un’ora ciascuno, ha rappresentato un’eccezione alla regola.
Nel suo caso, l’affinità culturale tra la dinastia Joseon e la Cina rappresentò un ponte fondamentale verso il successo della serie.
L’alfabeto coreano, l’hangeul, fu ideato dal re Sejong Il Grande nel 1443 per permettere alle masse di accedere alla scrittura e alla lettura, dato che il sistema di scrittura esistente (il sistema Idu), che rappresentava la fonetica coreana attraverso i caratteri cinesi, era troppo complicato e soltanto i nobili potevano avere un’educazione tale da padroneggiarlo. Il popolo iniziò a imparare il nuovo alfabeto, che fu però visto come una minaccia per la classe dirigente e fu fortemente osteggiato dagli eruditi confuciani, che avevano compiuto i loro studi in cinese e che vedevano il sistema già in uso come l’unico legittimo. Anche i successivi regnanti si opposero all’utilizzo dell’hangeul, che fu abolito nel 1506 dopo la pubblicazione di un documento che criticava il sovrano di quel periodo.
Nonostante ciò, le donne, anche nobili, continuarono ad imparare e utilizzare l’hangeul favorendo la sua divulgazione, così come fecero le traduzioni in hangeul di romanzi cinesi e di testi buddhisti, e la nascita delle pubblicazioni commerciali tra il XVII e il XVIII secolo.
L’alfabeto coreano, grazie ai crescenti sentimenti nazionalisti e alle riforme Gabo, che proclamavano la Corea indipendente da influenze esterne sotto tutti gli aspetti, comparve per la prima volta in documenti ufficiali nel 1894, sostituendo i caratteri cinesi, ed entrò a tutti gli effetti nell’uso comune. Per tutto il periodo dell’occupazione giapponese però, l’hangeul fu bandito dalle scuole e dalle pubblicazioni, e la lingua giapponese fu imposta come lingua ufficiale in Corea. Soltanto dopo la fine della II Guerra Mondiale e la fine dell’occupazione giapponese i coreani tornarono ad utilizzare pienamente il loro alfabeto. Per questo motivo le scritte presenti nell’ambientazione cinquecentesca di Jewel in the palace, dalle ricette di cucina agli editti imperiali, sono in caratteri cinesi e questo facilitò la comprensione del prodotto da parte delle audience di etnia cinese.
Nonostante i dubbi su quale avrebbe potuto essere la ricezione del prodotto, Jewel in the palace fu il primo vero successo internazionale per un drama coreano e fu esportato in circa 70 Paesi, a differenza dei 20 di Winter Sonata. La storia di un’umile donna che supera i pregiudizi, ricoprendo per la prima volta un ruolo importante in un’epoca in cui le donne non avevano influenza nella società, toccò il cuore di spettatori con differenti background culturali, molti dei quali potevano o avevano potuto osservare da vicino l’oppressione delle donne e l’inferiorità dei loro ruoli sociali. Inoltre, il ritratto dell’architettura tradizionale coreana, di musica, cibo, abiti d’epoca e medicina permise ai fan di altre nazionalità di avere un assaggio dell’eredità culturale coreana. Vista l’immensa popolarità raggiunta dal drama e le ondate di turismo che ne derivarono, in Corea fu aperto un parco tematico dedicato proprio a Jewel in the Palace e venne resa disponibile anche un’ampia gamma di merchandising.
Alcuni effetti di Hallyu 1.0
Queste pratiche sono ancora oggi molto comuni; le location dei drama di successo sono mete turistiche molto richieste e fanno parte dei cosiddetti Hallyu Tours, pacchetti turistici che permettono di visitare i luoghi che hanno funzionato da set delle proprie serie preferite. I drama hanno raggiunto anche la Corea del Nord, dalla quale nel 2005 un soldato ventenne fuggì attraverso il confine, attraverso la zona demilitarizzata. Gli ufficiali coreani comunicarono che la ragione della fuga erano la brama e l’ammirazione che l’uomo aveva iniziato ad avere nei confronti della Corea del Sud, grazie alle serie televisive introdotte illegalmente nel suo Paese, attraverso il confine con la Cina.
Anche se in tempi recenti il rapporto conflittuale tra le due Coree sembra essere stato mitigato, in Corea del Nord è ancora proibito avvicinarsi a qualsiasi cosa possa provenire dal Sud. I drama e i film raggiungono illegalmente il Paese sottoforma di DVD o di file contenuti in chiavette USB, e lungo il confine con la Corea del Sud molte persone manipolano le frequenze televisive per poter guardare drama e programmi tv sudcoreani; il governo nordcoreano sembrerebbe aver affermato che ne è consapevole, e che chiunque verrà individuato come colpevole di tale crimine affronterà delle conseguenze molto pesanti.
È stato anche riportato che Kim Jong Un abbia fatto giustiziare pubblicamente alcuni ufficiali che appartenevano al suo partito, per aver guardato serie sudcoreane.
Tornando ad Hallyu 1.0, le esportazioni dei network coreani sorpassarono le importazioni di contenuti stranieri, principalmente statunitensi e giapponesi, entro il 2001, e registrarono una crescita di più del 30% ogni anno, dal 2001 al 2005. I K-Drama hanno continuato a rappresentare una parte dominante delle esportazioni di programmi televisivi coreani, costituendo il 96.2% nel 2005 e mantenendo le stesse proporzioni almeno fino al 2011 (94.9%), mentre nel 2012 scesero all’85%.
La modalità principale di accesso a questi contenuti nel periodo dell’affermazione di Hallyu 1.0 era la visione sulle emittenti che li avevano acquistati oppure l’acquisto di DVD, legali o “piratati”.
È evidente quanto queste pratiche di consumo rendessero l’Onda Coreana un flusso di contenuti alquanto circoscritto alla regione asiatica; sarà soltanto con la fase successiva che questo fenomeno potrà definirsi davvero “globale”, e che includerà gli ambiti più disparati, dall’intrattenimento, alla cosmesi, alla tecnologia, al cibo e alla lingua coreana.
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