Hallyu 2.0

Intorno al 2008, mentre la popolarità dei drama aveva raggiunto il suo apice in Asia, la musica pop coreana, il K-Pop, emerse come nuovo epicentro di Hallyu, iniziando ad attrarre audience sempre più transnazionali in Medioriente, Nord e Sud America e in Europa. La nuova ondata di popolarità dei prodotti culturali sudcoreani viene definita dagli studiosi Hallyu 2.0, ed è la fase contemporanea di questo fenomeno, guidata e incentivata da Internet e dai social media (anche se qualcuno dice che ci troviamo già nella Hallyu 3.0).

Internet e i Social Media

Il cambiamento più importante avvenuto dalla prima alla seconda fase di Hallyu è stata la circolazione online dei prodotti che ne fanno parte, in maniera legale e non, con la determinante caratteristica dell’immediatezza nell’accesso ai contenuti per chiunque possieda una connessione Internet e un dispositivo da cui utilizzarla.
Oggi, quando un prodotto viene rilasciato dalla sua fonte, non è semplicemente “posseduto”, come succede con i DVD o i CD; viene condiviso con un semplice click del mouse o un tocco sullo schermo, e condividere un qualsivoglia tipo di testo significa anche estendere il suo ciclo di vita, far sì che arrivi a cerchie di persone sempre più vaste che appartengono ad aree geografiche, culture e lingue anche molto lontane tra loro.
Se le trasmissioni satellitari alimentarono l’espandersi dell’Onda Coreana in Asia negli anni ’90, i social network e i siti di video-sharing come Youtube, Facebook e Twitter stanno oggi svolgendo un ruolo primario nel diffonderla in tutto il mondo. Le serie televisive coreane vengono caricate su Internet e sottotitolate in moltissime lingue, così come i video che ritraggono gli idoli della musica pop nelle situazioni più disparate, e proliferano gli articoli tradotti dalla lingua originale e fatti circolare attraverso siti come Allkpop.com e Soompi.com, fonti dominanti di cultura pop coreana per i fan internazionali, con decine di milioni di utenti mensili che sono allo stesso tempo consumatori e produttori di contenuti.

In particolare, YouTube ha segnato l’inizio di un nuovo trend nella circolazione della musica pop; questa piattaforma ha introdotto nuovi fan al mondo del K-Pop e se inizialmente era usata dagli utenti per condividere contenuti in modo illegale, il suo potenziale è stato presto colto dalle agenzie sudcoreane (e non solo, naturalmente), che vista l’assenza di barriere consentita dalla rete, vi hanno riconosciuto il luogo d’elezione per il proprio marketing rivolto al pubblico internazionale, al punto che la piattaforma ha creato la categoria “K-Pop” tra i generi musicali: è la prima volta che una categoria musicale viene creata sulla base del paese di origine. Il K-Pop è considerato un genere ibrido, che mescola la musica pop straniera (principalmente statunitense e giapponese) con le convenzioni della musica pop coreana, e si tratta quindi di una categoria che in realtà comprende molti generi diversi; R&B, Hip-Hop, elettronica, e via dicendo.

Nel 2012 l’ironica Gangnam Style del cantante PSY diventò una gigantesca hit in Occidente, arrivando ad essere il video più guardato su Youtube, che oggi conta quasi 3 miliardi e 400 milioni di visualizzazioni. Gli album e i singoli degli artisti coreani sono spesso riusciti a scalare le classifiche musicali Billboard, le più importanti dell’industria musicale statunitense, ma è stato solo nel 2017 che un gruppo K-Pop ha raggiunto la top10 con un album: si tratta dei BTS, un gruppo formato da sette ragazzi che, insieme al gruppo femminile BLACKPINK, stanno attualmente guidando la popolarità del pop coreano e di Hallyu in generale in tutto il mondo, stabilendo un record dopo l’altro e continuando a ottenere successi ad ogni nuovo album rilasciato.
Non soltanto K-Pop e K-Drama; YouTube pullula di canali di utenti che insegnano il coreano, che insegnano a truccarsi e acconciarsi in “stile coreano”, che condividono le proprie esperienze vissute durante le vacanze in Corea del Sud, o che lì si sono trasferiti, diventando quindi fonti autorevoli e creatori di contenuti audiovisivi che testimoniano cosa significhi davvero vivere in Corea. Il canale Seoulmafia di Marco Ferrara, che vive in Corea ormai da otto anni, contiene decine di video sugli argomenti più disparati che riguardano lo stile di vita coreano, curiosità sulla cultura e sulle norme che regolano la società, oltre che video in cui invita i suoi amici coreani a rispondere alle domande di cui i suoi fan inondano il canale. Un altro canale italiano molto conosciuto è Persi in Corea, gestito da un gruppo di ragazze (qualcuna di loro ha vissuto in Corea, qualcuna ci vive ancora) che hanno creato anche l’omonimo sito web; rappresenta anch’esso una fonte importante di informazioni riguardanti la Corea e tutto ciò che può stuzzicare la curiosità degli altri utenti, dalla lingua alle modalità con cui si accede all’istruzione universitaria.
Si tratta dei due esempi principali per gli utenti italiani, ma come si può immaginare, i canali che offrono lo stesso tipo di contenuti in lingua inglese sono davvero moltissimi.

Il K-Pop

La popolarità del K-Pop, che ha quindi spodestato il ruolo di guida dell’Onda Coreana precedentemente ricoperto dai drama, è dovuta in gran parte alle abilità vocali dei cosiddetti idol, alla loro presenza scenica e alle coreografie impeccabili che accompagnano la maggior parte del loro repertorio. Potremmo anche dire che il K-Pop è largamente basato sull’appeal visivo delle star e dei loro video musicali, e sull’orecchiabilità di ritornelli che puntano ad imprimersi nella mente degli ascoltatori.

Il focus delle politiche delle industrie culturali sudcoreane è sempre stato posto sull’aspetto economico e industriale. Questo potrebbe spiegare la configurazione della scena pop coreana: si tratta a tutti gli effetti di una fabbrica che ogni anno sforna giovani talenti che sanno ballare, cantare e recitare. Il K-Pop funziona come un ecosistema patriarcale, in cui le agenzie si occupano direttamente della formazione di ragazzi e ragazze, anche giovanissimi, con cui stipulano contratti a lungo termine che possono andare da cinque, a sette e anche tredici anni, durante i quali il debutto potrebbe comunque non avvenire; secondo le agenzie, questi contratti sono necessari dato il loro ingente investimento diretto nella trasformazione di ragazzi e ragazze in idoli della musica pop.
Prima dell’eventuale debutto, essi vengono definiti trainee, letteralmente “tirocinanti” o “apprendisti”. Su 100.000 che si presentano alle audizioni, solo l’1% le supera diventando un trainee, e solo lo 0.1% dei trainee riesce a debuttare come idol, letteralmente “idolo”.

Il processo di training dura solitamente per un minimo di due o tre anni prima che ragazzi e ragazze, divisi in gruppi, vengano scelti per il debutto. La loro formazione non riguarda soltanto lezioni di ballo, canto e recitazione, ma anche l’apprendimento delle buone maniere e delle lingue straniere (soprattutto Inglese, Giapponese e Cinese), la dedizione e la disciplina, lo stare alla larga da droghe e scandali sessuali (che comunque, di tanto in tanto, emergono e mettono un punto alla carriera di qualche artista), oltre che il completamento del percorso scolastico e, in molti casi, universitario.
Si tratta quindi dell’educazione di ogni singolo “apprendista” sotto tanti diversi aspetti, ed è notevole che agli idol venga insegnato che, per quanto successo possano ottenere, il valore dell’umiltà è ciò che dovrebbe contraddistinguerli, così come un atteggiamento positivo e amichevole nei confronti dei propri fan: tutto questo significa che non c’è nessuno spazio per il “divismo”, un atteggiamento che rappresenterebbe soltanto un ostacolo al successo di questi ragazzi e li allontanerebbe troppo dal proprio pubblico.

La costituzione del gruppo segue una formula tipica: almeno uno dei membri deve avere notevoli doti vocali, uno deve essere bravo nel rap, un altro deve essere un ottimo ballerino, uno deve avere abilità oratorie spiccate e infine ci dev’essere qualcuno che emerge tra gli altri per il suo aspetto fisico. I membri vengono scelti direttamente dall’agenzia e quando vengono individuati, inizia un periodo di formazione del gruppo, che vive pressoché in simbiosi, a cominciare dalla condivisione di una stanza nel dormitorio dell’agenzia.
Nella maggior parte dei casi i produttori hanno in mente un design per quello che è un vero e proprio “prodotto”, il gruppo che hanno intenzione di creare, e questo riguarda il look, il tipo di musica, le campagne di marketing che metteranno in atto, ancora prima che i membri vengano scelti.

La formula standard è quella del boy group e girl group, con pochissime eccezioni che vedono la creazione di gruppi misti. Nel caso dei gruppi maschili, incombe l’ombra della leva obbligatoria; visto che i membri, di solito molto vicini tra loro quanto a età, dovranno arruolarsi uno dopo l’altro, il gruppo dovrà fare di tutto per raggiungere il successo e cavalcare l’onda prima di dover mettere forzatamente in pausa (o anche terminare per sempre) la propria attività. Quindi, per sfruttare al massimo la popolarità degli idol e trarne il massimo del profitto finché questa dura, spesso le compagnie finiscono per caricare i propri artisti di una quantità di lavoro eccessivamente pesante e inumana, con pochissimo tempo che rimane per la loro vita privata; non è per nulla raro imbattersi in video di idol che svengono sul palco (oppure dietro le quinte) o in articoli che riportano episodi di artisti che devono ritirarsi per qualche tempo dalle scene per poter ristabilire la propria salute.

Molti gruppi, al termine del contratto stipulato dai membri, si sciolgono o perdono dei componenti, tanto che per la frequenza con cui ciò accade dopo sette anni di attività del gruppo, tra i fan si è diffusa l’espressione “la maledizione del settimo anno”.
Specialmente se un gruppo è già particolarmente apprezzato e popolare, per qualcuno dei membri può essere possibile perseguire, in parallelo, una carriera da solista. Gli idol, inoltre, così come gli attori, appaiono davvero ovunque: in televisione, su giornali e riviste, sui cartelloni pubblicitari in città, nelle pubblicità di qualunque tipo di prodotto, dal cibo agli orologi.

Prendiamo il caso esemplare di uno dei gruppi più longevi e amati, attivo dal 2008 e composto da cinque ragazzi: gli SHINee. Parallelamente alle attività del gruppo, quattro di loro hanno realizzato degli album da solisti, uno ha realizzato una canzone prima di arruolarsi nel 2019, tutti hanno contribuito alla stesura di molti dei testi delle loro canzoni. Quattro sono anche attori, uno ha lavorato come conduttore radiofonico e gli altri come conduttori televisivi, tutti hanno partecipato spesso a talk show e ad altri tipi di programmi in radio e televisione; tutti fanno da modelli per pubblicità di brand di accessori, cosmetici, abbigliamento, cibo.

A gruppi come questo, i cui membri sono anche in parte cantautori e musicisti, è più facile che venga permesso di scegliere quale direzione musicale prendere sulla base delle sensibilità artistiche dei componenti, ma senza mai allontanarsi troppo dall’immagine e dal brand del gruppo creato minuziosamente dall’agenzia cui esso appartiene.

L’industria K-Pop è un sistema a sé stante regolato da consuetudini e norme piuttosto precise. Ad esempio, ogni gruppo ha un colore identificativo che viene applicato anche ad ogni tipo di merchandising ad esso relativo, persino dolci e bibite, e soprattutto agli oggetti definiti lightstick che i fan impugnano ogni qualvolta assistono ad una performance del proprio gruppo preferito. Oltre al colore, i gruppi hanno un logo e un simbolo che li definisce; i lightstick più recenti hanno diverse modalità di emanare luce e si collegano con la rete Wi-Fi delle arene per concerti, in modo che tutti i lightstick del pubblico siano sincronizzati e che si possano creare degli effetti di luce seguendo anche i ritmi delle canzoni. Il pubblico che impugna il lightstick luminoso, dando vita a suggestivi scenari, viene chiamato “oceano”, seguito dal nome che indica di quale fandom si tratta.

Il ruolo dei fan

Sia nel caso del K-Pop che in quello dei K-Drama, i fan giocano un ruolo cruciale; risulta significativa la loro partecipazione attiva nell’aiutare l’Onda Coreana a rimanere un fenomeno potente e rilevante, ed è ciò che rappresenta la principale forza e il più drastico cambiamento portato dalla seconda fase di questo fenomeno. È il loro potere di utilizzo dei media digitali che incoraggia la circolazione dei prodotti, catalizzando l’attenzione di sempre nuovi fan che entrano a far parte di comunità transnazionali particolarmente attive e devote. La rete ha permesso ai fan di aiutare l’espansione di Hallyu soprattutto attraverso il fansubbing, la pratica di tradurre e sottotitolare nella propria lingua dei contenuti provenienti da altre parti del mondo, in questo caso dalla Corea. Il fansubbing è stato di fondamentale importanza per la circolazione e il consumo di prodotti relativi ad Hallyu soprattutto in Occidente, ed è una pratica totalmente volontaria secondo cui i fan mettono a disposizione le proprie conoscenze individuali per il beneficio di tutta la comunità.

Dalla sua prima fase, Hallyu ha visto un’evoluzione dei suoi generi, della velocità della sua espansione, dei modi di distribuzione e il suo fandom è stato rimodellato da nuovi mezzi di partecipazione che l’hanno reso un attore importante tanto quanto lo sono i produttori dei contenuti di cui esso fruisce. Oggi più che mai, in più, Internet permette ai fan di soddisfare le proprie esigenze, che nella maggior parte dei casi non si fermano al consumo di musica e serie televisive, ma riguardano una graduale curiosità verso tutto ciò che concerne la Corea del Sud.

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