“Un K-Drama che aveva ogni presupposto per soddisfare le inevitabili aspettative createsi attorno ad esso, ma che non lo ha fatto. Puntava in alto, ma non è riuscito a decollare davvero.”
Premessa: questa riflessione/recensione sarà lunga.
Se siete tra coloro che non accettano che il proprio beniamino o un prodotto che gli è piaciuto possano venire criticati, vi consiglio di non leggerla.
Se invece siete persone aperte al dialogo e che sono disposte ad accettare l’esistenza di altri punti di vista, sarò felice di sentire le vostre opinioni, qualunque esse siano!

Elementi fondamentali che vanno a comporre questa serie:
- Un budget di 25 milioni di dollari.
- Kim Eun Sook. Una delle sceneggiatrici più conosciute di tutta la Corea, che ha sfornato hit di successo una dopo l’altra (e questo è un dato di fatto che come tante cose prescinde dal gusto personale di ognuno di noi, a cui possono essere piaciute o meno.)
- Lee Min Ho, colui che è conosciuto come il re dei drama e che ha già lavorato in passato con la sceneggiatrice.
- Kim Go Eun, attrice molto acclamata il cui ultimo drama è stato la mega hit Goblin, un fantasy della stessa sceneggiatrice che quando è uscito si è distinto dal resto delle produzioni per tanti motivi.
- Woo Do Hwan, un giovane e promettente attore che ha saputo farsi amare dal pubblico.
- La tematica dei due mondi paralleli, dei viaggi nel tempo e dei sosia, niente di nuovo all’orizzonte, ma comunque interessante perché può essere declinata in tanti modi diversi.
- L’hype creatosi attorno al drama: ne sentiamo parlare da più di un anno; un po’ perché è il ritorno della sceneggiatrice dopo il bellissimo, ben scritto, ben recitato e ben prodotto Mr. Sunshine, un po’ perché è il primo grande progetto di Lee Min Ho dopo la leva obbligatoria, un po’ perché c’è Kim Go Eun che ha spopolato soprattutto dopo il successo di Goblin.
Ora, è piuttosto intuibile che non avere nemmeno un minimo di aspettative se si è a conoscenza di tutte queste cose è praticamente impossibile, essendo questo il drama più atteso del primo semestre del 2020.
E c’è un problema che va considerato in partenza, forse quello principale che ha impedito alla serie di sfondare sul serio: sembra proprio che fin dalla promozione, The King: Eternal Monarch abbia voluto fare di tutto per imporsi nell’immaginario degli spettatori come la prossima grande hit, tanto che, a differenza della maggior parte dei drama coreani, le riprese sono iniziate con largo anticipo. Questa esigenza di anticipare la produzione indica una certa volontà/necessità di prestare più attenzione a tutto il processo produttivo, rispetto a quanto riescono a fare i K-Drama che seguono il normale standard di produzione, complicato e frenetico.
Allora perché ci sono così tante persone, soprattutto in Corea ma anche all’estero (come me) che sono state lasciate indifferenti da questo drama o alle quali non è proprio piaciuto? Proverò a dirvi quello che penso in merito, sperando di spiegarmi in maniera esaustiva.
Il drama è composto da 16 episodi, che sono ormai uno standard ma che si sono dimostrati giusti per poter raccontare una storia e fare appassionare gli spettatori. Tuttavia, avere 16 episodi significa che un drama con determinate pretese che vanno oltre la semplice storiella d’amore, come The King, non può cominciare a diventare più “profondo” e interessante verso il decimo episodio. Ma è proprio quello che è successo.
Dopo un inizio non spettacolare ma comunque drammatico e promettente, le cose iniziano a farsi abbastanza… strane? Poco credibili quantomeno, pur tenendo conto della componente fantasy e del fatto che sia un prodotto di finzione.

Abbiamo un personaggio geniale, il Re del Regno di Corea, Lee Gon, (interpretato da Lee Min Ho) che cosparge le pareti della sua stanza di calcoli, non fa che studiare ed è super intelligente e diligente nello svolgere il suo compito di bravo regnante, conosce millemilioni di persone ogni giorno, ma è innamorato di una ragazza della quale non ha mai visto il volto dal vivo, l’ha vista solo in una fototessera del suo distintivo da poliziotta cadutole quando, da quel che lui crede, lo ha salvato dalle grinfie di suo zio, quando era piccolo. E quindi, vuole solo lei per più di vent’anni e non rivolge le sue attenzioni a nessun altra, senza però sapere come contattarla e, soprattutto, se riuscirà mai a trovarla.
D’accordo; i drama spesso giocano sull’amore a prima vista, sul destino, e tutto quello che volete, ma qui partiamo male, perché questo prodotto non vuole essere un drama leggero e senza pretese, non vuole essere una semplice storiella tutta rose e fiori, ma il contrario (ed ecco che si ritorna al problema principale che ho menzionato prima). Un minimo di credibilità in più sarebbe da esigere… non trovate? Un bambino di otto anni che per più di vent’anni rimane ossessionato da qualcuno che non conosce, che ha visto di fatto solo in foto e non ha mai più incontrato?
Esempio per capirci: se non altro il Goblin è una divinità, e come voleva la leggenda, soltanto colei che è destinata a essere la sposa del Goblin può porre fine alle sue sofferenze, con tutta la questione del vero amore e quel che ne consegue. C’è una coerenza interna alla storia e alla cornice fantasy che rende possibile e accettabile qualcosa del genere. E poi, si sono innamorati subito sinceramente e profondamente, o senza dei presupposti su cui si possa reggere una storia d’amore (tralasciando che la coppia o il drama stesso possano essere piaciuti o meno)? La risposta è no, ci è voluto del tempo perché scoprissero e capissero i propri sentimenti.
Nota: Lee Min Ho, lo devo dire con sincerità e senza alcun “odio” nei suoi confronti, non è un bravissimo attore. Lungi da me fare la hater, qui voglio solo apportare uno sguardo critico e non sto dicendo che non possa piacere: vi prego di non leggere quello che dico sotto questa luce.
Oggettivamente parlando, non è un bravissimo attore perché non è versatile, è un attore mediocre che piace più per il suo aspetto e il suo fascino che non per le sue reali abilità attoriali. Il suo range di espressioni è limitato, persino quello di come rende vocalmente le sue battute. Le sfumature della sua voce sono poche, pochissime. Tuttavia, trovo che il suo stile recitativo sia particolarmente adatto a interpretare un personaggio come questo, un re sul suo cavallo bianco pronto a salvare la sua principessa e ad affrontare il cattivo senza mai perdere la sua compostezza (a parte qualche lacrima, ovviamente).

Nel Regno di Corea c’è per l’appunto anche un cattivo, lo zio del Re nonché traditore del Regno, di nome Lee Rim (Lee Jeong Jin) che è indubbiamente il più carismatico tra i personaggi presentati nei primi episodi. Vi dico solo che stavo per fare il tifo per lui. Stavo per, perché andando avanti questo personaggio presentato così iper cattivo e a cui è stato dedicato molto tempo nel primo episodio non mantiene quell’aura temibile dell’inizio, sembra una presenza latente che non provoca eccessive difficoltà al nostro Lee Gon nella prima metà della serie, che non a caso è quella che scorre con più lentezza. Diciamo che Lee Rim continua con il suo piano diabolico spostandosi costantemente tra i due mondi e per un po’ non crea particolari problemi. Avrei voluto vedere di più di lui, e che fosse un cattivo… ancora più cattivo?

Troviamo anche il giovane Woo Do Hwan che interpreta Yeong, la guardia del corpo del Re, ed è anche il suo migliore amico. Lui è il vero scene stealer, colui che con le sue doti attoriali è riuscito facilmente a rubare la scena al protagonista. Non è questione di bellezza, quella è soggettiva; gli attori se sono belli sono un piacere per gli occhi, ma poi ci deve essere altro sotto perché possano contribuire in positivo alla qualità di un prodotto, che sia una serie o un film.

Abbiamo anche un’avvenente primo ministro donna del Regno di Corea, Koo Seo Ryung (interpretata da Jung Eun Chae) che ci prova spudoratamente con il suo Re, praticamente da sempre. Non vi sareste aspettati qualcosa di più “forte” anche da lei, in quanto a un certo punto diventa parte dello schieramento antagonista? Qualche bastone tra le ruote del re in più da parte sua? A prescindere da quel che ne è stato del suo personaggio, l’attrice non mi ha particolarmente colpita. Non ho molto da dire su di lei, secondo me non ha brillato.
Ci sono anche altri personaggi, alcuni adorabili come l’anziana dama di corte o il principe ereditario Buyeong, su cui però non c’è bisogno che mi dilunghi ai fini della recensione.
E poi ci sono anche loro, i sosia del mondo parallelo, che è la Repubblica di Corea dei giorni nostri.
Ma come lo capiamo? Come li vediamo?
Con un andirivieni piuttosto confusionario tra i due mondi, che non sono stati distinti volutamente, immagino, per creare appunto un po’ di confusione… forse nella vana speranza che l’attenzione dello spettatore rimanesse alta durante la prima noiosa metà della serie?
Per facilitare e dare una piccola spinta allo spettatore, avrebbero potuto utilizzare degli escamotage a livello visivo per esempio, come una palette di colori differente per ognuno dei due mondi o cose del genere, ma hanno preferito non farlo e credo che non si sia rivelata una scelta felice.
Questo perché la confusione che ne deriva è eccessiva, ci sono tante scene in cui non è immediata l’associazione con il mondo a cui appartengono e questa cosa si protrae troppo a lungo. Non significa che gli spettatori siano stupidi e non arrivino a capirlo prima o poi, e mi fa ridere il fatto che le accuse mosse alla maggior parte delle persone a cui questo drama non è piaciuto siano del tipo “non ti è piaciuto perché non lo hai capito”. Ecco, non è così. Si capisce, ma è confusionario in modo irritante.
Il fatto è che quando qualcosa del genere succede con una frequenza simile all’interno dello stesso prodotto, e quando peraltro c’è tanta altra carne al fuoco a cui prestare attenzione, non è mai un bene per il grande pubblico; e più che altro non è un bene se tale voluta confusione non viene risolta in un modo interessante, in tempi relativamente brevi senza lasciare che si trascini per tanti, troppi episodi.
Questo punto potrebbe essere uno dei motivi per cui gli ascolti di The King in Corea sono stati ampiamente deludenti: è una storia potenzialmente interessante, ma che non si è dispiegata e non è stata rappresentata sullo schermo in modo sufficientemente accattivante e avvincente perché la maggior parte degli spettatori potessero scegliere di guardare questa serie piuttosto che un’altra.
In questo altro mondo parallelo, la Repubblica di Corea, abbiamo Jong Tae Eul (Kim Go Eun), tipa tosta fin dal principio, cintura nera di taekwondo e poliziotta determinata a fare bene il suo lavoro.
La sosia di Tae Eul nel parallelo Regno di Corea, che prima non ho elencato per parlarne qui, è Luna, una ladra che teoricamente sarebbe all’opposto di Tae Eul (poliziotta vs criminale), differenza che però, secondo me, l’attrice Kim Go Eun non ha reso con un impatto abbastanza forte; la sua Luna mi è sembrata semplicemente una versione più “svogliata” e mai sorridente della poliziotta, senza differenze sostanziali né particolarmente interessanti da notare. Peccato, mi sarei aspettata di più; e anche per questo mi sento di dire che l’ho preferita mille volte in Goblin, in cui il suo personaggio quantomeno evolveva da ragazzina ingenua a donna indipendente che ha realizzato i suoi sogni. Qui anche il personaggio di Tae Eul manca di una caratterizzazione particolare, la sua evoluzione è minima, si tratta più di credere alle parole di Lee Gon e al fatto che la Terra non sia piatta che non di un vero arco narrativo di crescita e cambiamento. Anche il personaggio di Luna poteva riservare delle “sorprese” in più, ma così non è stato.
Kim Go Eun rimane comunque più che bravissima a esprimere il dolore e la sofferenza emotiva dei suoi personaggi, quelle scene recitate da lei mi fanno sempre venire le lacrime agli occhi, e vale anche per The King.

Nella squadra di polizia di Tae Eul troviamo tra gli altri il poliziotto Kang Shin Jae (interpretato da Kim Kyung Nam), che si rivela essere un personaggio più interessante di quel che appare inizialmente, in quanto coinvolto dai piani malefici di Lee Rim quando era solo un bambino. Lui mi è piaciuto da subito, devo dire. L’ho trovato bravino e non lo avevo mai visto prima. L’ho apprezzato molto.

A un certo punto, grazie alla metà del leggendario flauto Manpasikjeok rimasta in suo possesso dopo lo scontro con lo zio di quando aveva otto anni, il nostro Re attraversa il portale che conduce alla Repubblica di Corea. A Gwanghwamun riconosce la donna che sembra essere l’amore della sua vita, Jong Tae Eul, le corre incontro, la abbraccia calorosamente.
Lei, giustamente scettica, lo porta alla stazione di polizia e inizia una tiritera per cui, sempre giustamente, lei non crede alle parole di questo strano individuo che cerca di convincerla che è un re di un universo parallelo, ma che si comporta come se tutto gli fosse dovuto, e non le può rivelare il suo nome, perché non può essere pronunciato da nessuno. Non esiste niente su di lui, nessun documento, niente, e questo è un indizio della sua estraneità al mondo di Tae Eul.
Lui però, che non vive su Marte ma in un mondo parallelo che funziona esattamente come una società civile in cui se vuoi qualcosa lo devi pagare, capisce molto presto di essere in un altro mondo e va comunque in giro a fare un certo tipo di discorsi e crede seriamente che pur non avendo soldi, visto che è il re di un altro mondo, possa non pagare per comprarsi da mangiare. Boh. È una nota un po’ stonata in un personaggio che era stato presentato come geniale e incredibile; va bene che essendo il re è abituato a essere servito e riverito, ma sa come funziona la società e sa che se compri devi anche pagare. Mettiamoci pure che ha capito di essere altrove dal momento in cui nessuno lo riconosce e ha anche visto il sosia di Yeong e, insomma, questa ingenuità irritante non regge affatto. Mi aspetto maturità da un personaggio con certe caratteristiche, non che continui a fare la parte dell’ingenuo e cocciuto adolescente (che non è)… dovrebbe saperlo che senza un minimo di prove le persone non gli possono credere, specialmente se stiamo parlando di una poliziotta. Non ha senso insistere imperterrito a ripetere le stesse cose che alle orecchie di Tae Eul e di Eun Seop sono incomprensibili. Se lo scòpo di tutto questo era farlo risultare simpatico, per me è stato un tentativo fallito.
C’è stato qualcosa di sbagliato nella costruzione del personaggio, a mio parere.

Vediamo appunto anche il sosia della guardia del corpo, Woo Do Hwan in versione ragazzo di Busan di nome Jo Eun Seop, ed è forse l’unico ad essere radicalmente diverso tra tutti i sosia che popolano questo drama. La recitazione di Do Hwan marca la differenza, è un personaggio con un’attitudine opposta a quella della guardia del corpo Yeong, ed è anche simpatico da vedere in contrapposizione alla serietà e alla compostezza di quest’ultimo, diametralmente opposto sia per espressioni che per come si muove e per come parla (oltre al fatto che usa l’accento di Busan). Un bel round di applausi per questo attore, davvero bravissimo a interpretare entrambi i suoi due ruoli.
La storia d’amore
Vorrei ora parlare di questa storia d’amore che puntava all’epicità.
Quando si pecca di presunzione, poi alla fine i nodi vengono al pettine, e per The King non è diverso.
La storia d’amore sembra totalmente forzata, del tipo “devono stare insieme e quindi stanno insieme, punto”. Ma, udite udite, il fatto che sia un fantasy non significa che debba essere privo di qualsiasi logica.
Lee Gon, lo abbiamo detto, è ossessionato da questa donna che non ha praticamente mai visto dal vivo. Gli piace e basta, colpo di fulmine per una fotografia a otto anni e perché lo ha salvato da piccolo… che poi non è nemmeno vero, e lui stesso non ne ha la reale certezza. Da allora, quando era solo un bambino, la sua decisione era già stata presa. Trovare Jong Tae Eul a qualunque costo. E più che altro, la cosa viene presentata come “voglio Jong Tae Eul o nessun’altra”. Ripeto, questo non ha niente a che vedere con la cornice fantasy della serie; è semplicemente poco credibile di per sé, come dinamica. Un conto è essere incredibilmente grati a qualcuno per essere stati salvati e voler ricambiare o mostrare la propria gratitudine, un altro conto è fare come Lee Gon e arrivare a proporre a una semi-sconosciuta di diventare la sua regina… capisco che questa proposta rientrasse in un certo tipo di mentalità del re, nella sua testa chiunque sarebbe lusingato di ricevere una proposta da lui, però… non ci sta lo stesso, non funziona e cozza con il lato maturo e responsabile del personaggio.
Insomma, è bastato praticamente niente per far sì che lui più di vent’anni dopo si prostri completamente a lei, perché continui a seguirla ovunque bombardandola di discorsi che per lei, povera crista, non hanno alcun senso. Non servirebbe dare allo spettatore qualche altro indizio del motivo per cui gli piace così tanto da non volere nessun’altra? Non sarebbe forse meglio se Lee Gon si comportasse diversamente e se il suo amore/interesse per lei crescesse e diventasse evidente solamente dopo aver passato del tempo insieme? Secondo me, sì.
Tutto questo c’entra con quello che scopriamo più avanti nella serie, cioè che grazie al Manpasikjeok Lee Gon può viaggiare nel tempo? Può anche darsi, ma questo aspetto non viene approfondito a sufficienza e comunque quando vediamo queste scene non ne sappiamo ancora nulla, non c’è una spiegazione chiara e certa che vada ad arricchire e a giustificare l’amore del re per questa donna. Se il fatto che lui sia così innamorato di qualcuno che per quanto ne sappiamo noi spettatori non ha mai conosciuto ha davvero a che vedere con i successivi viaggi nel tempo del Re, allora ecco che abbiamo un altro punto della storia che non è stato sviluppato abbastanza e ha perso di fascino per il modo in cui il tutto è stato presentato all’inizio; se, invece, non c’entra nulla… beh, come dicevo, è tutto molto forzato.
Non c’è una scintilla, non c’è uno sviluppo coinvolgente. Perché ci dovrebbe importare di come farà a conquistarla? Sappiamo già che farebbe di tutto per lei, la magia della costruzione di una storia d’amore forte è già in parte bella che andata. Il suo amore-ossessione per lei ci viene spiattellato in faccia fin da subito, ma il guaio è che dopo non c’è sviluppo ulteriore dei sentimenti da parte di Lee Gon, non ci sono alti e bassi da parte sua, non ci sono ripensamenti per mettere un po’ di pepe alla situazione, e forse questa piattezza della storyline romantica è uno dei problemi maggiori.

E a proposito di sviluppi e sorprese, passiamo a lei.
Jong Tae Eul è infastidita a morte e incavolata nera con questo fantomatico re che appare dal nulla e dice un sacco di cose che a lei sembrano insensate, non lo sopporta minimamente, lo tratta malissimo. Non mostra un alcun apprezzamento per questo tizio e non c’è un reale build-up che porti a giustificare la nascita di una relazione. Sembra che Lee Gon stia facendo la figura del pazzo pervertito non corrisposto durante i primi episodi, sostanzialmente. Avrebbe potuto fare la figura del pazzo e basta, e forse sarebbe stato meglio…

Nel quinto episodio si baciano per la prima volta, dopo che finalmente Lee Gon riesce a portarla nel suo mondo e a dimostrarle che quello che ha detto è tutto vero. Lei si lascia baciare, e sinceramente la sensazione è un po’ ambigua. È bastato dare buca ai suoi colleghi una volta per mostrare che Tae Eul sta iniziando a cambiare idea su una persona che finora le era sembrata uno psicopatico delirante?
Non c’è ancora prova evidente che a lei piaccia davvero lui, piuttosto sembrava che stesse iniziando un lento percorso in questo senso, in cui ci sarebbe voluto ancora un po’ perché un personaggio tosto come quello di Tae Eul cominciasse a provare qualcosa per Lee Gon. E invece lascia che la baci, senza particolare trasporto, peraltro. Potere del fascino e della nobiltà? Può essere.
Fatto sta che dopo un paio di episodi, e con queste premesse, lei di punto in bianco sgancia una bomba veramente poco credibile e gli dice che lo ama, per poi andarsene via in macchina. Ma sul serio? Non è che, magari, potevano dirsi qualcosa di tanto importante che non si erano mai detti prima in un altro momento, in un altro modo? Non per forza con rose e cuoricini ovunque, ma in un momento anche semplice, però un po’ più intimo?
Anche qui, vale la stessa domanda di prima. Tutto questo c’entra con il viaggiare nel tempo di Lee Gon come a un certo punto si può iniziare a pensare? E se è così, la conclusione è la stessa: questo meccanismo avrebbe funzionato se fosse stato impostato meglio, in modo meno caotico e con uno sviluppo migliore.
E poi, l’alchimia tra i due attori. Per me esiste solo nelle scene in cui c’è del contatto fisico tra i due; vedi i vari baci (un sacco di fanservice che però non serve a compensare quello che manca in questa storyline romantica), gli abbracci dati correndosi incontro in diverse situazioni, qualche lacrima, e più o meno finisce lì. Per il resto l’ho avvertita poco e niente, e mi è dispiaciuto tantissimo, avrei voluto che fosse tra le cose da salvare.
C’è forse più intesa tra Lee Gon e la sua guardia, Yeong, che non per niente hanno attirato l’attenzione degli spettatori da subito con la loro bromance.
Ho letto commenti in cui si dice che è una storia d’amore molto matura, e mi permetto di dissentire. Non c’è molto da argomentare se non che può senza dubbio piacere e fare sognare, ma che per un attimo bisogna uscire dalla mentalità del fan per adottare una visione un pochino più oggettiva, e se lo si fa si vede quanto non sia né matura né ben sviluppata.
Quindi, diciamo che la prima metà della serie è lenta, la progressione della trama per lunghi tratti è inesistente e per altri fa vedere qualcosa che ti fa pensare “mmh, però magari migliora da qui in poi”, ed è così fino più o meno al decimo episodio. Il motivo è semplice, è che a questo punto la storia entra nel vivo, cosa che avrebbe dovuto fare molto prima per guadagnarsi il favore del pubblico.

Se la prima metà è piena di scene riempitive, dobbiamo senza dubbio menzionare il problema relativo al Product Placement (PPL), ovvero alle pubblicità agli sponsor.
È un problema che affligge molte serie, qualcuna più e qualcuna meno, perché ci sono due modi in cui il PPL, che è vitale perché le serie vedano la luce, può essere incorporato in un drama: un modo giusto, e uno sbagliato.
Il modo sbagliato, quello prevalente in The King, è quando il PPL spezza la narrazione, quando la interrompe inutilmente, e quando gli attori (poveretti) si trovano costretti a recitare battute che ti imbarazzano tanto da farti venire voglia di scavare una buca e mettertici dentro al posto loro. Stavo per aspettarmi che qualcuno di loro guardasse la macchina da presa e mi chiedesse di comprare direttamente i prodotti sponsorizzati.
Un po’ come quando in Descendants of the Sun il co-protagonista bacia la sua amata in macchina azionando il pilota automatico e proseguendo così per un po’. Vabbè.
Il modo giusto è quello più subdolo, evidente ma subdolo al tempo stesso; mostrare o menzionare nei dialoghi marchi, ristoranti, negozi, prodotti e tutto il resto in modo accettabile, che tutto sommato non interrompe il fluire della storia e non ti fa morire dal ridere a pensare come cavolo abbiano potuto pensare certe cose; è passabile anche che i personaggi vadano a mangiare nella stessa catena di ristoranti di pollo fritto, ad esempio, o che prendano sempre un frullato nello stesso posto e dicano “quanto è buono!”, per capirci; ma quando la cosa va oltre, è disturbante.
Se il resto della prima metà della serie fosse stato orchestrato meglio, forse anche il PPL avrebbe avuto un impatto diverso e mi avrebbe dato meno fastidio.

Poi, sempre nella prima metà, l’editing.
La scena in cui Lee Gon e Tae Eul si trovano in quella specie di terra di mezzo tra i due mondi paralleli, è raccapricciante. Non si lega visivamente al resto, e per di più è editata così grossolanamente che pare di guardare un film anni ’50 ricolorato.
Vuoi forse per le lamentele, vuoi perché in produzione se ne sono accorti da soli, la situazione è decisamente migliorata nella seconda metà.
Vi ricordo che il budget per questo drama era di 25 milioni di dollari. Qualcosina meglio fin da subito non si poteva fare? Già il lavoro non è stato proprio egregio nello sviluppo della storia e nemmeno nella regia, magari certe cose si sarebbero proprio potute evitare per non inficiare la qualità della serie.
So bene che il budget viene dilapidato soprattutto dai compensi alle star del drama, ma in ogni caso stiamo parlando di una serie che aveva tutte le carte in regola per fare le cose come si deve, quindi certi errori difficilmente riesco a perdonarglieli.
Non mi ha fatto particolarmente impazzire la fotografia, ma questo è un male di gran lunga minore e decisamente soggettivo; a volte sembrava più da commedia romantica nuda e cruda, pelli ultra-lisciate, luci bianche a bomba ovunque, contorni ammorbiditi, poco contrasto. Magari si può far ricondurre questa scelta alla volontà di raccontare una storia simile a una fiaba… ma anche questo, sebbene in piccolissima parte, ha contribuito a far sembrare The King l’opposto di quello che voleva essere; voleva essere qualcosa di epico, ma è risultato semplicemente “un altro drama”.

Poi, finalmente, arriva la seconda metà, in cui succedono effettivamente delle cose, in cui ci sono meno scene riempitive, meno disturbi da PPL, e si fa più interessante, per quanto io abbia comunque faticato a finirlo.
Ho faticato perché semplicemente mi aveva annoiata fino a quel punto, salvo pochi sprazzi qua e là; non ero più curiosa di sapere cosa sarebbe accaduto, e della coppia di protagonisti non poteva importarmene meno di così, ed è raro che mi succeda. Mi importava di più per Shin Jae e per Yeong che per loro due… ma ormai lo avevo cominciato e dovevo finirlo, anche solo perché se non l’avessi finito non mi sarei sentita di scrivere questa pseudo-recensione con cognizione di causa.
Gli ultimi episodi si avvicinano di più a quello che il drama avrebbe dovuto e potuto essere; più avvincente, meno lento, eccetera eccetera. Ma non è abbastanza per dire che mi sia piaciuto, perché le rivelazioni arrivano tardi, sembra sempre che manchi qualche tassello, e lo scontro finale con Lee Rim non ha il pathos che uno scontro risolutivo con l’antagonista dovrebbe avere. La cosa dei viaggi nel tempo, oltre che tra i mondi, è interessante ma mai approfondita a sufficienza, sembra messa lì per aggiungere qualche elemento in più o come scusa perché Lee Gon possa sconfiggere suo zio, cosa che altrimenti sarebbe stata più complessa senza questa possibilità. Spero capiate cosa intendo.
Lo script rimane uno dei problemi di questa serie dall’inizio alla fine; confusione, pochi approfondimenti, troppa carne al fuoco.
Il finale mi ha lasciata abbastanza indifferente, spero che le persone a cui è piaciuto il drama lo abbiano trovato soddisfacente, perché so quanto sia brutto quando ci piace tanto una serie ma il suo finale ci delude.

Credo che il mio pensiero sia chiaro e racchiuso nella frase che ho messo tra virgolette all’inizio; per concludere posso dire che mi è dispiaciuto per tutto quello che non ha funzionato, e perché non mi sono sentita coinvolta come avrei voluto. Avrei davvero voluto che andasse diversamente, ma purtroppo non è stato così.
Ci sono drama di gran lunga peggiori, poco ma sicuro, però ce ne sono anche di migliori e credo che prima di definire questo prodotto “epico” bisogna pensarci due volte. Non ha introdotto tematiche particolarmente nuove, non ha segnato uno spartiacque nella produzione di drama né ha ottenuto ascolti incredibili come ci si sarebbe aspettati, non ha sbalordito in nessun senso e per quanto sia piaciuto a molti soprattutto all’estero, è innegabile che non abbia soddisfatto le aspettative che si erano create attorno ad esso.
Penso che, a volte, quei drama su cui nessuno scommetterebbe o attorno ai quali non si crea così tanto hype possono dare risultati migliori di quelli che partono sapendo di essere molto attesi e avendo tutti gli elementi giusti, ma che in fin dei conti non riescono a decollare.
Detto questo, ribadisco che ci sono tante persone che, invece, lo hanno adorato e sono felice che abbiano trovato in questo drama quello che non ho trovato io. Per fortuna siamo tutti diversi, e una serie ci può dare qualcosa, ci può arrivare, ci può emozionare anche quando viene decretata poco accurata o ne vengono fatti emergere i lati negativi!
Spero che coloro a cui è piaciuto non abbiano preso questa recensione come il male assoluto, ma che la possano considerare un semplice punto di vista differente o, magari, uno spunto di riflessione.
Grazie di cuore a tutti per averla letta!
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